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La riforma della giustizia fra colpi d'acceleratore e frenate. Critiche dei finiani su guardasigilli e Csm

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2010 alle ore 15:53.

I tre punti più importanti per una riforma della giustizia sono «la separazione delle carriere di procuratore della Repubblica e di giudice; l'accelerazione dei processi; e, terzo, il rafforzamento dei diritti civili». Silvio Berlusconi assicura che «nessuno dei tre punti riguarda me direttamente». Ma i fedelissimi di Fini bocciano tre punti non di secondo piano della riforma costituzionale della giustizia targata Alfano. Frenate e colpi d'acceleratore, dunque, per la riforma della giustizia. Un cantiere in evoluzione, dove si disegnano e ridisegnano i progetti del testo, che la prossima settimana dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri.

E intanto il presidente della Camera bacchetta governo e maggioranza, dicendo che in Italia «il problema numero uno è sempre la giustizia, mai la precarietà del lavoro dei giovani».

In primo luogo i finiani di Futuro e libertà non gradiscono il notevole aumento dei poteri disciplinari del ministro della Giustizia, oggi di competenza del Consiglio superiore della magistratura. Hanno anche dubbi sulla riforma del Csm che, nella nuova composizione, metterebbe in minoranza i membri togati (quelli per interderci eletti dai magistrati) rispetto a quelli laici (eletti dal parlamento). Per esempio, in caso di parità, il voto del vicepresidente laico vale il doppio. Altro punto contestato dai fedelissimi di Fini la cancellazione dell'articolo 109 della Costituzione, in base al quale l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. Punti sui quali Fini é irremovibile. Comunque Futuro e Libertà non viene meno agli impegni assunti con il governo, dopo il sì al lodo Alfano costituzionale, e chiede che lodo Alfano e ddl anticorruzione viaggino «in parallelo».

Pollice verso alla riforma del governo per la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. «Ho letto sui giornali l'ennesima bozza della riforma della giustizia. Se corrisponde al vero quello che ho letto, si tratta di una schifezza». Secondo Finocchiaro «la riforma prospettata nella bozza ucciderebbe l'autonomia della magistratura, renderebbe, di fatto, il ministro il governatore della giustizia». È «un disegno esterno e lontano dai principi della nostra Costituzione» conclude Anna Finocchiaro. Pd e Udc, forse anche con Idv, presenteranno alla Camera una mozione unitaria per riscrivere l'agenda giustizia che privilegia l'efficienza del servizio ai cittadini alla materia costituzionale.

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Tags Correlati: Alfano | Anna Finocchiaro | Antonio Di Pietro | Autorità giudiziaria | Camera dei deputati | Csm | Gianfranco Fini | Idv | Ministero della giustizia | Pd | Silvio Berlusconi | Udc

 

«La riforma della giustizia di cui si parla nel pacchetto proposto dalla maggioranza è soltanto un modo per salvaguardare Berlusconi dai processi in cui è coinvolto». È il commento del leader dell'Idv, Antonio Di Pietro. «La riforma della giustizia - ha aggiunto - è necessaria, ma non è quella che hanno messo all'ordine del giorno i signori della maggioranza. Con queste proposte i processi non si fannoprima ed il cittadino non avrà una giustizia migliore». Secondo Di Pietro, «si introduce una distribuzione di ruoli di poteri tra ministero della Giustizia e magistratura che nullahanno a che fare con la funzionalità quotidiana dei processi,che ha bisogno, invece, di più risorse, più mezzi e più uomini». Per Di Pietro «l'unica riforma della giustizia che si deve fare nell'interesse dei cittadini è mettere più soldi e stabilire regole di funzionamento piùveloci, garantendo la certezza del diritto e della pena».

Il premier dribbla le critiche dell'opposizione e in parte di Futuro e libertà e assicura che le riforme sono necessarie perchè si è in presenza di problemi seri nella giustizia. E lprecisa di non avere fatto richieste per essere protetto dalle inchieste: «Non sono io che ho chiesto le leggi ad personam. Sono i miei alleati che se ne fanno promotori a mio favore, ricorrendo agli strumenti legali della democrazia». Poi un nuovo attacco alla magistratura. «Sulla nostra democrazia grava un macigno. Nella magistratura abbiamo una corrente che agisce in modo eversivo cercando di procedere contro chi è stato eletto legalmente dal popolo. I processi vanno avanti già da molto tempo. Tutto è cominciato nel 1994 durante la mia prima legislatura. Due anni dopo sono stato assolto, ma i processi intanto avevano fatto cadere il governo e in questo modo la sinistra è giunta al potere. Ora l'opposizione vorrebbe procedere allo stesso modo».

Intanto la Lega ha presentato al Senato una proposta di legge che chiede di equiparare a mafiosi e terroristi i responsabili di delitti che «hanno destato particolare allarme sociale per l'efferatezza e la crudeltà con cui sono stati commessi». Regime di carcere duro, dunque, ed esclusione dai benefici per i condannati per crimini di particolare efferatezza. In pratica la proposta di legge del Carroccio introduce nel codice penale l'articolo 41-ter e l'articolo 58-quater. Il primo riguarda il regime penitenziario duro, sulla scorta di quello previsto dal 41-bis per mafiosi e terroristi, per chi è accusato di delitti particolarmente efferati: un colloquio ogni due mesi, un'ora d'aria al giorno, visto di censura sulla corrispondenza, limitazione di somme beni e oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno. Il secondo prevede il divieto di concessione di benefici ai condannati in via definitiva per omicidio con le aggravanti «se non abbiano effettivamente espiato almeno i tre quarti della pena o, nel caso di ergastolo, almeno 26 anni». A chiedere l'applicazione di questi articoli può essere il ministro della Giustizia o quello dell'Interno. (N.Co.)

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