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Secondo i documenti diffusi da WikiLeaks il sergente Marracino fu ucciso da fuoco amico

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2010 alle ore 13:04.

Continua lo stillicidio di rivelazioni dal sito WikiLeaks, che da sabato ha diffuso, dopo le anticipazioni di al Jazeera una enorme mole di documenti top secret sulla guerra in Irak. dopo i particolari sulla liberazione della giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, durante la quale fu ucciso l'agente dei servizi Nicola Calipari, nuove rivelazioni sono giunte lunedì sulla morte del militare italiano Salvatore Marracino, sulle minacce alla base di Nassiriya e sulla «battaglia dei Lagunari» dell'agosto 2004.

La morte di Salvatore Marracino. Salvatore Marracino, il militare italiano morto nel corso di una esercitazione il 15 marzo 2005 in Iraq, «è stato colpito accidentalmente», si legge nella documentazione pubblicata da Wikileaks. Secondo l'ipotesi più accreditata all'epoca, invece, il 28enne di San Severo (Foggia) si sparò alla fronte con la sua stessa arma, che si era inceppata poco prima. In un rapporto americano datato il 15 marzo 2005, classificato segreto e pubblicato da Wikileaks con diversi omissis, si legge che «alle ore 13, un (militare italiano) stava prendendo parte a un'esercitazione di tiro a Nassiriya. È stato accidentalmente colpito (alla testa). È stato trasferito all'ospedale in Camp (Mittica) e classificato come incidente. È stato trasferito all'Ospedale navale di (Kuwait City). È morto alle 16.45 circa», ora locale.

La notizia della morte a Nassiriya del sergente Marracino arrivò nell'Aula della Camera proprio mentre si stava per votare il rifinanziamento della missione italiana in Iraq. A informare il Parlamento fu il vicepremier Marco Follini spiegando che Marracino, «durante un'attività regolarmente programmata di tiro con le armi portatili, nel tentativo di risolvere un inceppamento della propria arma, è stato raggiunto da un colpo alla testa». Nel tempo la ricostruzione è apparsa sempre più sfocata: non si è più parlato esplicitamente di un colpo esploso dall'arma impugnata dallo stesso Marracino. Durante i funerali, la madre del ragazzo lanciò un appello ai commilitoni del figlio perchè la aiutassero a «fare chiarezza» su quanto accaduto.

Le minacce contro la base di Nassiriya. Reiterate minacce contro la base italiana di Nassiriya in Iraq - almeno tre gli attentati pianificati dal 2004 al 2006 - successivamente alla strage del novembre 2003 emergono nei file pubblicati da Wikileaks. Il 2 febbraio 2004, a Nassiriya gli insorti iracheni pianificavano un attacco contro la base italiana, colpita due mesi prima dall'attentato che costò la vita a 19 soldati.

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Nuova minaccia nel maggio del 2005: gli insorti pianificano un attacco in grande stile contro la base di Nassiriya e quella britannica a Bassora. L'attacco, a colpi di mortaio, razzi, mine e Ied, era previsto per l'ultima settimana di maggio, di sera. Un anno dopo, i gruppi radicali di Nassiriya erano pronti a fomentare le violenze nel corso di manifestazioni popolari ostili alla coalizione in concomitanza con il ritiro italiano, iniziato formalmente il 16 giugno 2006 con il passaggio di consegne all'esercito iracheno. Il piano prevedeva l'utilizzo di ordigni artigianali da far esplodere lungo le strade nei pressi degli oleodotti e delle stazioni di carburante.

La battaglia dei Lagunari. Non sparavano gli occupanti del mezzo di soccorso iracheno colpito durante la «battaglia dei Lagunari», nell'agosto 2004 sui ponti di Nassiriya, in Iraq, e poi esploso perchè raggiunto dai colpi dei soldati italiani: lo si legge nella documentazione messa online da Wikileaks. I militari italiani dissero di aver risposto al fuoco proveniente dal veicolo iracheno.

WikiLeaks: non siamo antiamericani. WikiLeaks, che venerdì ha pubblicato circa 400.000 documenti riservati Usa sul conflitto iracheno, si difende dalla accuse di antimericanismo. "Non siamo anti-americani", ha dichiarato il portavoce Kristinn Hrafnsson alla radio Bbc4 e ha definito "assolutamente false" le accuse secondo le quali WikiLeaks potrebbe fare il gioco della propaganda dei fondamentalisti islamici. "Noi e tutti coloro che ci sostengono abbiamo a cuore solamente i principi che costituiscono le fondamenta della società americana, il primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti", quello che garantisce la libertà di espressione, ha spiegato Hrafnsson.

«Si tratta di una coincidenza che i documenti rivelati in questi ultimi mesi riguardino l'esercito americano», ha aggiunto, ricordando che in passato il sito ha pubblicato dossier su altri Paesi. I documenti, che coprono il periodo compreso dall'inizio del 2004 al 1 gennaio 2010, riferiscono di 285.000 vittime della guerra in Iraq, tra cui almeno 109.000 decessi: di questi, 66.000 sono civili, pari a quasi i due terzi del totale. Dai rapporti stilati sul campo dagli americani emergono anche centinaia di denunce di abusi commessi sui detenuti dalle forze irachene.

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