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Sul lodo Alfano il Pdl cerca la quadra sulla non reiterabilità. Scintille tra falchi e colombe finiani

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 18:59.

La maggioranza cerca di trovare la quadra sul lodo Alfano. «Auspichiamo che al Senato si raggiunga un accordo soddisfacente sul lodo Alfano - spiega il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto - che come tale rafforzerebbe la maggioranza e verrebbe certamente sostenuto anche alla Camera». Poco prima, davanti alle telecamere, Cicchitto aveva parlato di «accordo raggiunto», ma poi con una nota ha corretto il tiro. Anche perché le sue dichiarazioni su un'intesa già individuata non avevano trovato alcun riscontro nella sponda finiana. «Cicchitto afferma che è stato trovato un accordo di maggioranza al Senato sul lodo Alfano? Chiedetelo a lui», aveva detto l'unico esponente di Fli nella commissione Affari costituzionali, Maurizio Saia. E anche il capogruppo dei finiani al Senato, Pasquale Viespoli aveva chiarito che «quello di Cicchitto per il momento è un auspicio».

Il nodo del confronto tra berlusconiani e Fli resta la non reiterabilità dello scudo processuale per le alte cariche su cui si appuntano le critiche della pattuglia che fa capo a Gianfranco Fini. E la direzione in grado di mettere tutti d'accordo e su cui si starebbe lavorando, secondo alcune fonti del Pdl interpellate dal Sole24ore.com, è quella del ritorno alla vecchia versione del lodo: dunque automaticità nella sospensione dei processi e non reiterabilità dello scudo, come chiede appunto Futuro e Libertà.

La posizione dei finiani, che domani mattina si riuniranno per mettere a punto un emendamento ad hoc, è rimasta immutata e oggi a ribadiarla è stato Nino Lo Presti. «Il lodo Alfano lo votiamo se non è reiterabile. Non è una novità, ma questa è la nostra posizione». Non ci sono novità, sottolinea ancora il deputato Fli - e del resto mi pare che lo stesso ministro Alfano abbia fatto delle importanti considerazioni in proposito. Il fatto è che non possiamo votare una cosa diversa da quella su cui abbiamo già dato in passato il nostro consenso e che confermiamo ora, a patto di non voler trasformare quella misura in una forma di impunità. Perchè sennò finisce che uno si avvale prima del Lodo come presidente del Consiglio, poi come presidente della Repubblica e... arrivederci». Lo stesso Lo Presti aveva ricordato poi le considerazioni di Napolitano per suggerire di guardare con «più attenzione» anche all'altro tassello. «Ora quello che conta è stare alla sostanza, cioè alla non ripetibilità di uno scudo di cui ci può avvalere una sola volta, chiunque sia la persona, qualunque sia la carica che riveste».

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In una lettera indirizzata al presidente della commissione Affari costituzionali del Senato Carlo

Tags Correlati: Alfano | Camera dei deputati | Carmelo Briguglio | Fabrizio Cicchitto | Gianfranco Fini | Giustizia | Maurizio Saia | Nino Lo Presti | Pasquale Viespoli | PDL | Senato

 

La commissione Affari costituzionali tornerà a riunirsi mercoledì prossimo, mentre resta fissato a domani alle 16 il termine per la presentazione di nuovi emendamenti. Oggi poi non sono mancate tensioni anche all'interno della pattuglia finiana. Dove, prima Carmelo Briguglio e poi Fabio Granata, avevano sottolineato la necessità per Fli di votare no allo scudo processuale per le alte cariche dello Stato. «Un voto sbagliato su temi divaricanti potrebbe gravemente danneggiare - aveva detto Granata -, se non compromettere il nostro percorso di avvicinamento al nuovo soggetto politico: lasciandoci senza futuro». E ancora più tranchant era apparso Briguglio. «Il lodo Alfano è ormai il luogo simbolico dell'impunità perché troppo legato a una fattispecie concreta che sono i processi di Berlusconi. Per questo Fli non deve votarlo».

Ma l'uscita di entrambi non è piaciuta al capogruppo di Fli al Senato, Pasquale Viespoli. «Leggo ed ascolto opinioni di voto sul lodo Alfano da parte di alcuni deputati Fli. Si tratta di contributi personali quanto utili. Tuttavia la reiterazione delle dichiarazioni rischia di pparire da una parte espressione di incontinenza mediatica e dall'altra un'interpretazione creativa-evolutiva del bicameralismo, per cui su un provvedimento all'esame dell'altro lato del Parlamento si vota in prima lettura a mezzo stampa e poi nell'aula di appartenenza».

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