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Guerra delle valute. La Fed manipola i cambi con duemila miliardi sul piatto (altro che Cina)

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 21:06.

Il 3 novembre la Federal Reserve farà partire il treno espresso QE2 diretto verso un mondo sconosciuto fatto di ripresa, inflazione e svalutazione competitiva. Un mondo che tenta di usare il dollaro come strumento per salvare l'America e la presidenza Obama.
QE2 è la sigla misteriosa del quantitative easing 2, cioè la seconda puntata del maxi-piano di acquisti (si parla di altri 500 miliardi di dollari) deciso dal presidente della Federal Reserve di Washington, Ben Bernanke, e dal resto dei membri del Federal Open Market Committee per un nuovo ciclo ciclo di "allentamento quantitativo" della già lassista politica monetaria americana.

Questo significa che la Fed vuole creare inflazione, un cambio di politica a 360 gradi, visto che la stessa con Paul Volcker al vertice per decenni ha fatto proprio il contrario. Ma i tempi cambiano e con i tassi di interesse dei Fed Funds vicino allo zero non resta che stampare denaro e comprare qualsiasi attività che si trovi davanti. Basterà a far ripartire l'economia del gigante malato? La risposta non è univoca.

Proviamo a guardare a quello che è successo nel campo delle case e dei mutui immobiliari, il focus principale del progetto "QE1" per cercare una risposta seppure parziale. La Fed ha acquistato 175 miliardi dollari di debiti venduti da Fannie Mae e Freddie Mac. E anche comprato 300 miliardi di dollari di T-bond Usa, e poi ha acquistato come se non bastasse 1,25 mila miliardi di dollari di titoli garantiti da mutui ipotecari (mortgage backed securities), una ragnatela di mutui, spesso subprime, che insaccati in vari prodotti finanziari dal nome rassicurante (contenenti frequentemente la parola bond) sono stati venduti in mezzo mondo spezzando anche il legame di responsabilità che lega il venditore all'acquirente. In altri termini titoli il cui valore effettivo è dubbio, molto dubbio e che nelle pieghe dei bilanci delle banche ne appesentiscono il conto economico. Sono i titoli tossici.

OBIETTIVO DELLA FED. L'obiettivo dichiarato era di rivitalizzare il mercato immobiliare e stimolare un nuovo massiccio rifinanziamento ipotecario, che avrebbe dovuto teoricamente scatenare una gigantesca ondata di nuova spesa dei consumatori, visto che il pil Usa è al 70% spesa al dettaglio di un consumatore drogato da prestiti, mutui e carte di credito.

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Come è andata la scommessa di Ben? A novembre 2008 è partita questa nuova iniziativa da 1,750 mila miliardi di dollari. Gli indicatori immobiliari a stelle a strisce sono rimasti in una situazione a dir poco deprimenti: nel novembre 2008, le case di nuova costruzione erano 652.000 unità. Nel mese di agosto di quest'anno, la cifra comparabile era 598.000. Variazione netta? Meno 8,3 per cento. Nel novembre 2008, i costruttori vendevano case a un tasso annuale di 389.000. Nel luglio del 2010, hanno venduto 276 mila case. Variazione netta? Un calo del 29 per cento. Nel novembre 2008, 4.530.000 case hanno cambiato proprietà. Che, rispetto a 4,13 milioni di rogiti conteggiati nel mese di agosto fanno una variazione netta dell'8,8% in meno. Non basta. Nel novembre 2008, l'inidice S&P Case-Shiller home dei prezzi delle 20 città principali si attestava a 154,50. A giugno 2010 era a quota 147,97. Variazione netta? Meno 4,2 per cento.

GLI INDICATORI. I quattro principali indicatori del mercato immobiliare americano sono tutti peggiorati nonostante la Fed abbia deciso di spendere quasi 2 mila miliardi di dollari per ridurre i tassi dei mutui. Una fallimento? Difficile dirlo perché nessuno può rispondere alla domanda cruciale: cosa sarebbe successo se la Fed non fosse intervenuta?
Una cosa però è certa: il vero impatto del QE1 della Fed è stato il collasso del dollaro. Anche la Bank of England ha deciso la stessa politica decidendo l'acqisto di 313 miliardi di dollari di titoli di stato britannici e l'effetto è stato il calo della sterlina.
Il 3 novembre dunque la Fed deciderà quanti soldi mettere sul maxi-piatto e soprattutto dove investirli per la seconda tranche del QE2. Con quasi duemila miliardi di dollari già spesi in titoli e mutui quanto perderà il dollaro?


Intanto la guerra fredda delle valute continua senza confini ed esclusione di colpi. La Banca del Giappone ha acquisito circa 255 miliardi dollari di titoli di Stato all'anno. E la BOJ recentemente è intervenuta massicciamente nel mercato delle valute per far perdere valore allo yen che era arivato a un picco massimo da 15 anni contro il dollaro. Analisti stimano che abbia comprato dollari per 24 miliardi di dollari, per cercare di indebolire lo yen, il più grande intervento in un solo giorno nella storia della BOJ.


Ma fino a quando Ben Bernanke, l'allievo del maestro, potrà andare avanti con questa politica dopo che la squadra economica di Barack Obama si sta sgretolando?Larry Summers, direttore del President's National Economic Council, il regista del bilancio Peter Orszag e il capo delle previsioni economiche Christina Romer sono già usciti di scena, forse per aver capito che la direzione era giusta ma la dimensione dell'intervento, come dice Martin Wolf, poco consona alla gravità della crisi? Allora forse non ha tutti i torti la cauta Cina comunista e capitalista a un tempo sotto accusa per manipolazione del suo cambio, quando denuncia la politica del denaro facile della Federal Reserve come la sorgente dell'hot money che destabilizza le economie emergenti e sostiene la creazione di nuove bolle? Prima delle quali quella immobiliare cinese?

LA CINA SI DIFENDE. L'Fmi ammette che sono auspicabili "restrizioni ai movimenti di capitali" per frenare l'afflusso di capitali, che come in una sorta di carry trade globale che prende soldi a Occidente a basso prezzo e corre verso i paesi in forte crescita creando un rafforzamanto delle valute di Brasile, Turchia e Thailandia tanto per citarne alcune.
A Shanghai la banca centrale della Repubblica Popolare ha organizzato recentemente un summit straordinario con l'Fmi di Dominique Strauss-Kahn, e a parlare per i padroni di casa è stato Yi Gang, vicegovernatore della banca centrale. «Quando ci sono forti afflussi di capitali - ha detto Yi – bisogna vedere da dove provengono. La fonte è la politica monetaria lassista delle economie sviluppate».


L'attacco è agli Stati Uniti dopo che il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha annunciato una nuova ondata di acquisti di T-bill o mutui. Operazioni che la Fed condurrà stampando ancora una volta moneta, creando nuova liquidità. Lo scopo è dare fiato alla crescita Usa, oggi ancora debole per riassorbire i 15 milioni di disoccupati che ormai hanno capito che senza ammortizzatori sociali all'europea le cose si mettono male.


Ma le iniezioni di liquidità americane provocano la fuga dal dollaro e dai suoi assets perché gli operatori cercano rendimenti appetibili che non trovano negli Stati Uniti. Così la banca centrale di Seul ha ripreso gli acquisti d'oro che intanto è schizzato per evitare che le proprie riserve ufficiali si svalutino. Comunque la liquidità generata in America va in cerca di alti rendimenti nei Brics o nei paesi del boom: dal Brasile che ha usato degli swap per far cadere il real alla Thailandia che ha posto una tassa sui capitali esteri in entrata per frenare il baht.

IL NUOVO PARADIGMA. Il problema è che il presidente americano Barack Obama ha annunciato a marzo che vuole cambiare paradigama economico, ridurre il peso del sistema finanziario, cioè di Wall Street e aumentare del doppio l'export americano di prodotti manifatturieri: al momento un settore con appena 13 milioni di operai addetti (avete letto bene, meno del totale degli addetti di Germania e Italia che hanno una popolazione inferiore ai 300 milioni di abitanti degli Usa). Ma l'unica via per dare benzina all'export americano di beni e prodotti, che ad agosto aveva un rosso di 621 miliardi di bilancia commerciale, è quella di fare una svalutazione competitiva, una volta strada maestra dell'Italia ante ingresso nell'euro. Quindi Pechino non ha tutti i torti quando, accusato di manipolare i cambi, a sua volta accusa Washington della stessa colpa.

Duemila miliardi di dollari di nuovi bigliettoni verdi stampati dalla Federal Reserve sono un forte incentivo alla inflazione planetaria. La guerra gredda delle valute continua e solo chi saprà spostarsi verso prodotti di gamma alta in un mercato magari di nicchia ma globale sopravviverà.

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