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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 10:15.
Il direttore Gianni Riotta risponde ai lettori sul Sole 24 Ore in edicola.
Ho appena terminato la piacevolessima lettura delle Lettere apparse sul Sole di ieri. Complimenti! La lettera della signora Suraci mi ha confermato che "i puri di cuore" esistono ancora... Sono una "giovane" trentottenne commercialista di Brescia e anch'io ho dovuto lottare e sputare sangue per poter svolgere questo mio adorato-odiato lavoro. La lezione che oggi cerco d'impartire ai miei tre figli è la stessa che anche la signora Suraci ci invita a seguire: «Studiare, impegnarsi e credere in se stessi». Spesso anche un colpo di fortuna aiuta ma, aggiungo, "aiutati che il cielo ti aiuta". Termino con i complimenti a tutti coloro che ogni giorno lavorano con passione affinché noi lettori possiamo avere a disposizione uno "strumento" così valido, approfondito e di piacevole lettura.
Lara Pola
Brescia
Prendo lo spunto attratto quasi casualmente dalla lettera della signora Suraci, la quale come tante nella massa ha vissuto una particolare storia che possiamo definire conclusasi, tutto sommato e per quello che riguarda il mondo del lavoro, a lieto fine. Anch'io mi reputo sulla stessa linea, ma anche semplicemente solo più fortunato di altri. Ho avuto genitori con basso livello di studio ma con solide tradizioni familiari che hanno permesso di portare avanti una famiglia con quattro figli e due zii convissuti con noi. Vado al dunque: è vero che il mondo deve avere una buona dose di caparbietà e che bisogna sapere lottare e che senza le sfide di ogni giorno non si va lontano, ma è anche vero che la gara della vita, fra tanti partecipanti, la vince uno solo e che altri invece ricevono chi un premio di riconoscimento, chi una segnalazione chi un premio di "consolazione" e infine c'è chi riceve "niente"! La vita è questo tragitto che ciascuno di noi percorre e in questa si va accompagnati da tante intenzioni, ma alla fine la classifica è una, un solo primo, un solo secondo e così via e anche chi volle fortissimamente volle, deve accettare l'ordine d'arrivo. In questo però c'è di positivo che la felicità di avere partecipato rimane e nella vita anche l'ultimo può essere il più felice di tanti altri arrivati davanti, magari non ha il posto statale, magari non ha la sicurezza economica, ma la felicità e la gioia di avere partecipato (di vivere). Quella non la trovi al supermercato, e i nostri genitori questo ci hanno trasmesso e questo hanno voluto.