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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2010 alle ore 06:38.
Una pentita ai pm di Palermo: festini Pdl a base di droga e prostitute. Gli atti a Milano
Le norme, le procedure e il caso di Milano (infografica a cura di A. Galimberti e A. Mincuzzi)
Sul caso Ruby interrogato l'ex questore Indolfi (di Raffaella Calandra)
Poche regole, ma chiare e certe, molta prassi consolidata, qualche spazio alla libera iniziativa però sempre e solo nell'interesse vero del minore. Le procedure per l'identificazione e l'affidamento dei minorenni in condizioni di abbandono morale (o materiale) – come nel caso di «Ruby» – scorrono su binari normativi semplici e su procedure scarne e veloci. Di solito, almeno. E quasi sempre le questioni più delicate si pongono quando il ragazzino/a, nonostante tutto, non l'abbia combinata così grossa da finire dritto in carcere, soluzione dolorosa ma che ha almeno il pregio di evitare la rincorsa alla struttura disponibile all'accoglienza. Nella grafica vengono messi a confronto gli eventi accertati nel caso del fermo di «Ruby» con norme e prassi di riferimento.
Il primo problema, quando una pattuglia si imbatte in una situazione borderline, è il trasferimento del minorenne in questura/caserma per l'identificazione. Se non ha documenti, al minore viene chiesto se abbia genitori, tutori o qualcuno che lo rappresenti da avvisare. «Nel caso non ci sia nessuno cui fare riferimento – dice Anna Cau, sostituto procuratore al Tribunale dei minori di Cagliari – scatta il dovere di protezione a carico dell'autorità, tenuta a trovare una famiglia o una comunità cui affidare, proprio in termini civilistici, il minorenne. Se è straniero? Non cambia nulla, la procedura è identica». Una procedura che corre sul filo del tempo, visto che di solito si preferisce evitare i pernottamenti in caserma, e che nella prassi magistrati e poliziotti concordano le soluzioni al telefono, in attesa della trasmissione degli atti di pg non appena ultimati e sottoscritti dagli ufficiali di polizia.
L'aspetto più lento e critico del procedimento è l'identificazione dei minorenni stranieri senza documenti. Avvisato il magistrato (ma alcuni tribunali invitano con circolari a procedere in autonomia) le forze dell'ordine prendono le impronte e le foto del fermato, e attendono le risposte dell'Afis (sistema automatizzato di identificazione delle impronte): in un paio d'ore le impronte vengono associate a un nome, che può essere stato solo «dichiarato» dal minore in un precedente controllo di polizia, oppure essere stato certificato dal suo consolato (procedura Cui, Codice univoco di identificazione).