Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2010 alle ore 08:25.
ll giorno dopo la (prevista) batosta elettorale di metà mandato Barack Obama si prende tutte le colpe e tende la mano all'opposizione repubblicana. La Camera dei deputati è persa, al Senato i democratici hanno retto a stento, la scelta sembra obbligata per governare un paese diviso.
«La gente è frustrata perché l'economia non si riprende abbastanza in fretta, perché non vengono creati velocemente nuovi posti di lavoro», «lavorerò con i repubblicani», dice il presidente. Ma è questa - quella dell'agenda bipartisan, che va dal fisco alla ridiscussione della riforma sanitaria - la strategia politica capace di far rialzare la testa all'America in affanno? Obama sembra spostarsi al centro ma servirà questa mossa per risanare i conti pubblici in rosso e ritrovare il lavoro che manca?
E sulle grandi questioni aperte della politica estera - dall'Afghanistan al Medio Oriente, fino ai rapporti con la Cina - come si muoverà Obama? Da dove deve ricominciare dopo il midterm? Abbiamo posto queste domande ad alcuni esperti internazionali e italiani. E abbiamo chiesto loro anche di spiegarci cosa farà ora Obama per riconquistare consensi in un'America, più radicale, più di destra e così diversa da quella che aveva salutato con speranza il suo arrivo alla Casa Bianca. Perché la campagna per le presidenziali del 2012 è già iniziata.
Così sulle questioni aperte dopo il voto di mid term hanno risposto gli analisti...
ECONOMIA Stimoli, svalutazione del dollaro sullo yuan, taglio delle tasse: quale la priorità, per tornare a crescere? Bill Emmott Direttore Economist dal 1993 al 2006 - La sfida più importante che Barack Obama deve affrontare è il lavoro. Il presidente americano introdurrà qualche misura protezionista contro la Cina e, sospetto, ricorrerà a nuovi, anche se limitati, pacchetti di stimolo diretti agli investimenti che creano occupazione. Allo stesso tempo dovrà spingere per uno sforzo bipartisan mirato a ridurre il deficit del budget federale. In definitiva l'obiettivo di Obama è vedere riconosciuti i meriti dell'amministrazione per essere riuscito a ridurre la disoccupazione senza mandare in bancarotta il governo nazionale.
Roberto Perotti Università Bocconi di Milano - Non c'è una misura ovvia che rilancerà la crescita americana. Dobbiamo abituarci all'idea - difficile da accettare per gli europei - che i governi non possono fare molto per l'economia, eccetto evitare di prendere misure palesemente dannose. E questo finora l'amministrazione Obama non l'ha fatto. Forse una misura facilmente attuabile, e poco costosa, è dissipare la retorica anti-business e anti-ricchi che in parecchi hanno percepito sempre più forte nell'amministrazione Obama, motivata principalmente da considerazioni elettorali.
Mario Platero Corrispondente Il Sole 24 Ore - Obiettivo numero uno: rilanciare l'economia, aiutare l'occupazione. Lo vuole il nuovo presidente della Camera repubblicana John Boehner. E lo chiede Barack Obama. Peccato che il presidente sulla carta non abbia mostrato ieri di essere pronto a cedere molto della sua linea politica. Rischio impasse? In politica è sempre possibile, anzi, quasi la norma. Un accordo sulle tasse è sicuro. Per il resto... meno male che c'è la Fed, lungimirante e pragmatica a svolgere il ruolo del governo. Non si riesce a produrre uno stimolo? Non importa. Ci pensiamo noi, ha detto ieri Ben Bernanke. Basterà?
Luigi Zingales Università di Chicago - Sia Obama che i repubblicani devono dimostrare al paese che sono in grado di governare. Il modo migliore è un accordo bipartisan per rilanciare l'economia senza peggiorare, anzi migliorando, la situazione fiscale di lungo periodo. Come? Stimolando l'occupazione con una riduzione dei contributi sociali per i nuovi assunti e una riduzione delle pratiche burocratiche a cui sono assoggettate le imprese, tagliando invece gli entitlement e gli sprechi nella spesa sanitaria.
POLITICA INTERNAZIONALE Le sfide sullo scacchiere mondiale sono molteplici Quale la più urgente, e come affrontarla? Moisés Naím National endowment for democracy - Uno dei paradossi di queste elezioni di midterm è l'assoluta assenza delle due guerre nelle quali gli Stati Uniti sono coinvolti, quella in Afghanistan e quella in Iraq. Nemmeno si è parlato dell'Iran. Il voto è stato un referendum sull'economia, o meglio sulla crisi economica. E invece il conflitto a Kabul e le tensioni con il regime di Teheran sono cruciali per il futuro del paese ancor prima che per le sorti di Obama. Per questo l'America deve ripartire da queste sfide. E anche la nuova maggioranza repubblicana alla Camera dovrà confrontarsi con le emergenze internazionali.
Guido Olimpio Editorialista Corriere della Sera - Due le mosse in Afghanistan. Primo: far capire che un'eventuale riduzione della presenza militare non è una sconfitta, anche se i talebani la presenterebbero così. Poi, dato che l'Afghanistan è una tomba di eserciti e che la guerra non si vincerà mai, è necessario mantenere una pressione con forze speciali per avere un cordone di sicurezza ma con minori costi. Grande attenzione anche sul Pakistan. La crisi in Medio Oriente è una causa persa: Israele e palestinesi vivono su vecchi schemi e gli Usa non riescono a mettere pace, perché gli attori sono molti e basta un attentato per azzerare l'impegno americano.
Christian Rocca Editorialista Il Sole 24 Ore - Domani Barack Obama va in India, Indonesia, Corea del Sud e Giappone, ma non è una fuga da midterm. Al centro della visita asiatica, che ruota attorno al G-20, c'è la strategia per contenere la crescita della Cina. Tutti i paesi del viaggio temono Pechino, ma la Cina è il loro primo partner commerciale. Obama vuole mantenere i rapporti con il gigante asiatico e convincere gli alleati della regione a dotarsi di un apparato militare in grado di contenere le mire espansionistiche cinesi e aiutare Washington a ridurre un peso economico troppo oneroso.
Ugo Tramballi Editorialista Il Sole 24 Ore - Già dieci giorni fa i servizi israeliani avvisavano che Obama avrebbe ricominciato a marcare Netanyahu: comunque fosse andato il voto di midterm. La pace nel conflitto con i palestinesi, pilastro di quella in Medio Oriente, è il punto qualificante della sua politica estera. Dal primo giorno di presidenza all'ultimo discorso all'Onu, il presidente ha promesso, con data di scadenza, lo stato palestinese, il ritiro da Iraq e Afghanistan. Ma la sfida internazionale su cui saranno definite la sua presidenza e il futuro della potenza americana, non è lì. È in Cina.
POLITICA INTERNA Con quali strumenti Obama dovrà recuperare consensi all'interno del Congresso e nel paese? Furio Colombo Senatore Pd - Obama dovrà ritornare ad essere il leader del 2008 rivolgendosi al proprio elettorato, liberandosi dell'illusione che "bipartisan" è meglio che "partisan": idea mortale, tanto più se si considera l'opposizione spregiudicata legata a doppio filo alle assicurazioni e alle lobby finanziarie. Non c'è alcuna possibilità di lavorare insieme. In America esiste un valore ancora molto forte: quello dell'opinione pubblica. Reagan vi si rivolgeva quando era in difficoltà e le conseguenti pressioni sui parlamentari andavano a segno. Obama, ben più carismatico e persuasivo, dovrà fare lo stesso.
Marta Dassù Aspen Institute Italia - L'unico strumento vero sarebbe la creazione di posti di lavoro. Ma è un'illusione che la presidenza abbia un'influenza così immediata e decisiva sulla ripresa dell'economia: la Fed di Bernanke ha più strumenti di quanti ne abbia Obama, e li sta usando. Resta il punto sostanziale: da ieri si è aperta la campagna presidenziale del 2012. Obama, come ha dimostrato il discorso post elettorale, tenterà accordi sulla politica fiscale e il rientro dal debito. Ma i repubblicani chiederanno un prezzo alto: rimettere in discussione la riforma sanitaria.
Charles Kupchan Council on Foreign Relations - È da vedere se la maggioranza repubblicana alla Camera sarà disposta a mediare con il presidente Barack Obama sulle questioni chiave: il lavoro, il deficit, l'immigrazione, il global warming. I repubblicani potrebbero mettersi di traverso per ostacolare un secondo mandato di Obama. Ma il presidente non ha alternative, deve muoversi verso il centro e puntare a un'agenda politica ambiziosa che gli assicuri un supporto bipartisan. È questa l'unica strategia per governare un paese diviso e conquistare gli elettori (del centro e indipendenti) in vista delle presidenziali del 2012.
Massimo Teodori Università di Perugia - La strada obbligata di Obama per recuperare consenso è darsi quel volto moderato che, paradossalmente, è stato il suo anche fino a oggi, nonostante non sia riuscito a trasmetterne l'immagine a molti elettori. Dovrà occupare il centro della scena come Clinton nel '94, tendendo la mano a quei repubblicani che rifuggono dai Tea Party. Il terreno di tale strategia dovrà riguardare gli sgravi fiscali, la creazione di posti di lavoro, e il rilancio dell'economia specialmente a favore della classe media. Il suo pragmatismo fa ben sperare.