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Si conclude il vertice tra Berlusconi e Bossi. Lega: avanti con l'azione di governo

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 novembre 2010 alle ore 11:58.

Il via libera al federalismo entro Natale. Sarebbe questo, secondo quanto si apprende in ambienti parlamentari, la garanzia offerta dal premier Silvio Berlusconi a Umberto Bossi e allo stato maggiore della Lega. Che oggi sono stati ricevuti dal cavaliere ad Arcore. Un incontro di due ore al termine del quale i vertici del Carroccio hanno ribadito il loro sostegno all'esecutivo: avanti con l'azione di governo. «L'incontro di oggi è stato positivo e proficuo - hanno commentato il capogruppo della Lega alla Camera, Marco Reguzzoni, e il capogruppo al Senato, Federico Bricolo - ed è servito a fare il punto sulla situazione politica e sull'agenda di governo. Si è deciso di proseguire con l'azione riformatrice per realizzare il programma. Ne è emersa un'assoluta sintonia sui concreti problemi del paese e sulle azioni da realizzare, a partire dalla situazione creatasi a seguito delle alluvioni in Veneto».

In un primo momento Italo Bocchino ha preferito non commentare. Mentre Benedetto Della Vedova si è limitato a sottolineare che la nota del Carroccio «dice tutto ma dice anche nulla, non mi sembra che sia una risposta alla proposta che noi abbiamo fatto. Staremo a vedere se nelle prossime giornate Berlusconi vorrà aggiungere qualcosa e darci una risposta chiara». Poi, in serata, il capogruppo di Fli alla Camera è intervenuto a Repubblica Tv. «La crisi di fatto c'è, non è un problema di chi la dichiara », avverte Bocchino. Ora, è l'avvertimento del generalissimo di Fini, è Berlusconi che deve decidere: accettare «le condizioni» del patto di legislatura, per «nuovo governo, nuova maggioranza allargata a Udc e nuovo programma» oppure restare «asserragliato a Palazzo Chigi», ma allora «entro un mese l'incidente ci sarà» per far cadere il governo, perché Fli ha «le mani libere e deciderà provvedimento per provvedimento cosa fare», ma questo «non sarebbe un buon segnale». E, se la linea del l'avanti tutta annunciata dal Carroccio venisse poi confermata direttamente dal Cavaliere, la prossima mossa di Fli è inevitabile: l'immediato ritiro dal governo dei quattro componenti finiani (Andrea Ronchi, Adolfo Urso, Roberto Menia e Antonio Buonfiglio).

Intanto i leghisti hanno annunciato che «domani Bossi e Berlusconi saranno nei territori interessati insieme al presidente Zaia, per un sopralluogo nei comuni maggiormente colpiti». Il governo, dunque, prosegue la sua azione senza le dimissioni da parte del presidente del Consiglio sollecitate ieri dal leader Fli, Gianfranco Fini. La strategia di Pdl e Carroccio non cambia dopo il vertice di Arcore tra il cavaliere e il senatur: le dimissioni dell'attuale esecutivo potranno scaturire solamente da un voto parlamentare sostenuto anche da Futuro e Libertà.

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Bossi e lo stato maggiore della Lega erano stati ricevuti ad Arcore nel tardo pomeriggio di lunedì. Tema dell'incontro la valutazione delle prossime mosse da mettere a segno dopo l'ultimatum lanciato domenica al governo dal presidente della Camera e leader di Futuro e Libertà Gianfranco Fini. Nessuna dichirazione all'uscita. Umberto Bossi e i dirigenti della Lega Nord erano giunti dal cavaliere, dopo che nella tarda mattinata il Senatur aveva riunito lo stato maggiore del Carroccio nella sede di via Bellerio per decidere la linea. All'incontro con il Cavaliere Bossi si era presentato insieme al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, al ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, ai capigruppo alla Camera e al Senato, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo, al presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, e dalla vicepresidente del Senato, Rosi Mauro. L'ennesimo confronto della giornata, segnata da altri contatti nel centrodestra, anche a Roma e Milano. In Campidoglio vertice fra Gianni Alemanno, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, ufficialmente sul Pdl di Roma e del Lazio. Altro incontro nel pomeriggio a Milano al quale avevano partecipato, tra gli altri, Ignazio La Russa e Maria Stella Gelmini.

Il premier non ha intenzione di dimettersi. Anche in caso di ritiro della delegazione di Futuro e Libertà dal Governo dovrà essere il Parlamento a sancire la fine del Governo. Berlusconi non vuole restare col cerino in mano, e anche dopo l'affondo di Gianfranco Fini da Perugia rimanda la palla nel campo avverso. Mi votino contro in Parlamento, è l'unico modo per aprire una crisi, è la risposta del premier all'aut aut arrivato dalla convention futurista. Ancora: si dimetta lui, che è sempre più un capo fazione. E infine: presentino una mozione di sfiducia con il Pd e con Di Pietro, boccino la Finanziaria. Questo lo sfogo del Cavaliere dopo il discorso di Perugia.

Di Pietro al Pd: facciamo una mozione di sfiducia per stanare Fini. Il leader dell'Italia dei Valori ha chiesto a Pier Luigi Bersani di presentare insieme una mozione di sfiducia nei confronti di Silvio Berlusconi, così da fare uscire allo scoperto il presidente della Camera. «Caro Luigi hai sentito pure tu che ieri Fini ha detto che Berlusconi si deve dimettere? Ti rendi conto anche tu che forse è arrivato il momento sfiduciarlo visto che lui non si dimetterà mai? Tu potresti replicare che non abbiamo i numeri per farlo. Ma è qui che casca l'asino. In questo momento, noi dobbiamo stanare Fini e non Berlusconi ma ci deve dimostrare «se ci fa o se ci è», ha scritto sul suo blog Di Pietro rivolgendosi direttamente al segretario del Pd.

Per Bersani la crisi sta accelerando. «Non ho nè il calendario della crisi nè il cronometro. Quando uno pensa che ci voglia una settimana bastano due giorni. La crisi sta accelerando», ha detto il leader del Pd commentando l'intervento di Gianfranco Fini alla convention di Fli. Per Bersani la reazione di Berlusconi al discorso Fini a Perugia «è stucchevole e irresponsabile di fronte ai problemi del paese e testimonia che mentre il cerino si sta spegnendo continua questo gioco».

Casini sogna il terzo polo e boccia «il governicchio». «Il terzo polo? Se son rose fioriranno». Così il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini a La7 a chi gli chiede della questione del terzo polo. Secondo Casini è comunque «fondamentale» che si crei una «forza della nazione per superare questo clima di odio». A chi gli chiede come veda, in questa chiave, un'eventuale discesa in campo del presidente della Fiat, Luca Cordero di Montezemolo, Casini replica che è positivo che ci sia un contributo da parte di «gente che proviene dal mondo esterno alla politica». In serata, poi, Casini boccia l'ipotesi di «un governicchio», dopo il vertice di Berlusconi con la Lega. E stoppa anche l'idea, caldeggiata dai futuristi, di un allargamento dell'attuale maggioranza all'Udc attraverso una crisi «pilotata». «Mi rifiuto di vendere le mie idee politiche per un ministero», chiarisce Casini.

Vendola, Fini ha cantato il "de profundis". Per il presidente della Regione Puglia e leader di Sinistra ecologia e libertà, Nichi Vendola, «Gianfranco Fini ha cantato il "de profundis" non solo a questo governo, ma a un prototipo politico quale è il populista Berlusconi, lo ha descritto con toni abbastanza virulenti, lo ha colpito nella sua essenza». Per Vendola «quella platea segna un fatto nuovo nella politica italiana: la nascita di una destra antiberlusconiana». Il dato politico importante per Vendola è questo: «è finito il centrodestra, è finita la lunga stagione berlusconiana e questo governo non ha più una maggioranza».

Rutelli, il terzo polo può diventare il primo. Il leader dell'Api Francesco Rutelli è ottimista sulle possibilità del cosiddetto "terzo polo". «Questo polo può diventare addirittura il primo polo, bisogna dire la verità agli italiani sulle riforme da fare». Per esempio «significa che bisogna ridurre i costi della politica».

Matteoli, la richiesta di Fini è pretestuosa. La richiesta di dimissioni del premier appare del tutto pretestuosa - commenta il ministro Altero Matteoli, uno degli ex colonnelli di Fini - se Fini vuole rinegoziare un patto di governo, perchè non si mette a un tavolo e lo fa, ora? Noi siamo pronti a discuterne». Per il ministro delle Infrastrutture la richiesta del leader del Fli «ha tutta l'aria di una trappola. Noi saremo anche poco bravi a governare, come Fini ci dice, ma se pensa che siamo anche scemi si sbaglia».

Alfano, non ci si dimette per una diretta su Sky. «Se il Parlamento dovesse negare la fiducia torneremmo al popolo, ma non è immaginabile che il presidente del Consiglio si debba dimettere perchè il presidente della Camera, per la prima volta nella storia repubblicana, ne chiede le dimissioni. Non ci si dimette per una diretta Sky». A dirlo il ministro della Giustizia Angelino Alfano, da Taormina dov'è in corso un incontro con i vertici regionali del Pdl.

Sacconi, Fini è un passatista. Toni taglienti dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. «Con la sua proposta di sfiducia, addirittura con il mandato dei ministri riconsegnato nelle sue mani anzichè in quelle del governo e del Parlamento, Fini dimostra di essere un passatista, altrochè futurista, perchè non ha fatto altro che riaffermare il vecchio primato dei partiti sulla società».

Fazio, si cerchi un punto d'incontro. Di fronte alla richiesta di dimissioni del presidente del Consiglio avanzata da Gianfranco Fini, il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, indica la strada operativa del lavoro e si augura si «riesca a trovare un punto di incontro».

Per Frattini la maggioranza dei finiani non vuole staccare la spina. Il ministro degli esteri Franco Frattini non crede «che la maggioranza dei parlamentari finiani voglia staccare la spina e andare a casa per puro antiberlusconismo, senza passare per una profonda riflessione alle Camere».

Gelmini, le dimissioni si chiedono in Parlamento. Ha fatto «bene il presidente Berlusconi a non rassegnare le dimissioni chieste da Fini, perchè la sede non è quella di un comizio politico ma è il Parlamento». Questo il commento del ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini.«Fli si è assunta la responsabilità di aprire una crisi della quale francamente mi pare non si avvertisse il bisogno, visti anche i problemi economici ai quali il Paese deve fare fronte». Il Governo vuole andare «avanti a lavorare: questo Paese - ha detto - ha bisogno di non perdere tempo, ci sono riforme necessarie e non rimandabili. Cercheremo di approvare la Riforma dell'Università, così come il piano Sud piuttosto che il Federalismo. È chiaro che in Parlamento ciascuno si assumerà le proprie responsabilità».

Per Bindi il governo non c'è più. Secondo il presidente del Pd, Rosy Bindi «il governo non c'è più», dopo le parole di ieri a perugia del leader di Futuro e Libertà Gianfranco Fini. «Ora ci aspettiamo che la crisi venga parlamentarizzata al più presto». Prodi, afferma Bindi, «le crisi le ha sempre fatte in parlamento, come prevede la Costituzione».

Il finiano Ronchi, non c'è spazio per un governo tecnico. «Non c'é spazio né per un governo tecnico né per un ribaltone. nessuno vuole mettere in discussione la leadership, l'Italia ha bisogno di un forte rilancio dopo un momento di crisi», ha detto il ministro per le Politiche comunitarie, il finiano Andrea Ronchi.

Capezzone, i finiani hanno gettato la maschera. «I finiani hanno gettato la maschera, e ormai è chiaro che la loro linea è due volte sbagliata e pericolosa», sostiene il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone. «Nel metodo, perchè ripropone le logiche della peggiore partitocrazia e i più opachi giochi di palazzo contro la volontà popolare: crisi al buio, ministri che rispondono al capofazione anzichè al premier, con in più lo sfregio senza precedenti rappresentato dall'uso fazioso e di parte della terza carica dello Stato». «Nel merito, quanto ai contenuti, perchè - prosegue Capezzone - si allinea alle peggiori derive "tassa e spendi" della sinistra più vecchia e conservatrice: aumenti di spesa pubblica, che poi renderebbero inevitabili nuove tasse. Del resto, già nelle scorse settimane, Fini aveva proposto la ricetta assurda dell'aumento delle tasse sul risparmio degli italiani. Esattamente ciò che non va fatto».

Giovanardi, aprire la crisi sarebbe irresponsabile. «Penso che un rimpasto sia probabile se Fini ritirerà i suoi ministri dal Governo, mentre una crisi al buio, con il paese in balia della speculazione finanziaria e della crisi economica, sarebbe irresponsabile», ha detto Carlo Giovanardi, sottosegretario alle Politiche per la famiglia, a margine dell'inaugurazione della Conferenza nazionale della famiglia.

Zaia, il banco di prova sarà il Parlamento. Per il presidente del Veneto, Luca Zaia, i commenti non contano, «il banco di prova sarà il Parlamento, dove verranno portati i ddl che dovranno trasformarsi in legge. Se non accadrà vorrà dire che non c'è più maggioranza e che bisogna andare a votare». Di sicuro, aggiunge, «Bossi ha chiarito che non esistono alternative a questo governo, non esistono governi tecnici alternativi».

Stracquadanio, il ministro finiano sarà sostituito, si vota a marzo. «Il ministro di Futuro e libertà verrà sostituito e i sottosegretari pure». Questo il quadro che, ai microfoni di Cnrmedia, dipinge il fondatore de "Il predellino", il deputato berlusconiano Giorgio Stracquadanio parlando della pattuglia dei finiani al governo (il ministro, per le Politiche comunitarie, Andrea Ronchi, e il vice ministro dello Sviluppo economico, con delega al commercio estero, Adolfo Urso, due sottosegretari: Antonio Buonfiglio, al ministero delle Politiche agricole e Roberto Menia). «Non escludo che Berlusconi assuma direttamente l'interim di Ronchi. Dopodiché, penso che chiuderemo il bilancio a fine anno e poi ci sarà un casus belli che farà cadere il governo. Credo che andremo a votare a marzo».

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