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Servono 50 miliardi di euro per salvare l'Irlanda. Merkel: paghino anche le banche. Mercati giù

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 06:36.

Un'altra giornata ad alta tensione sui debiti sovrani e sui titoli di Stato dei «periferici», l'ennesima in queste ultime due settimane. Il bollettino di guerra stavolta annuncia che per trovare acquirenti il decennale irlandese è stato costretto a offrire un rendimento del 9,26%, il 6,83% in più rispetto alla sicurezza del bund tedesco. Anche senza novità sostanziali, ogni giorno che passa Dublino assomiglia sempre più alla Atene della scorsa primavera: gli amanti delle statistiche notano che un differenziale simile i titoli greci a 10 anni lo raggiunsero lo scorso 27 aprile, sette giorni prima cioè del tracollo che costrinse il governo Papandreou a chiedere aiuto al mondo intero.

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E se il ministro delle Finanze irlandese, Brian Lenihan, continua a ripetere che né lui, né la Banca centrale stanno preparando il terreno per un salvataggio del paese a livello internazionale, il mercato non si chiede ormai «se», ma «quando» partirà la richiesta di intervento. Secondo un sondaggio Reuters, due analisti su tre ritengono che Dublino sarà costretta ad appellarsi al fondo salva stati gestito da Bce-Ue-Fmientro il prossimo anno e che il prezzo del salvataggio potrebbe aggirarsi attorno ai 48 miliardi di euro (ma i giornali irlandesi parlano di 50 miliardi).

La data chiave, sotto questo aspetto, potrebbe essere quella del novembre 2011, visto che fino ad allora il Tesoro irlandese non dovrà presentarsi al mercato per emettere bond. Ma gli operatori guardano più vicino, in particolare al prossimo 7 dicembre, giorno in cui il governo rivelerà i particolari della manovra quadriennale con la quale si dovrà far fronte a un deficit pubblico che ormai si stima nell'ordine del 32% del Pil. Non per niente Moody's ieri ha detto di voler aspettare quell'occasione per rivedere l'attuale rating Aa2 sul debito irlandese (il più alto fra le tre agenzie) messo sotto osservazione con implicazioni negative il 5 ottobre scorso.

Come da copione degli ultimi giorni, la crisi irlandese ha finito per ripercuotersi anche su Grecia (lo spread è salito a 925 punti base, anche perché Atene potrebbe non rispettare gli impegni presi sulla riduzione del deficit 2010), Spagna (223) e Italia, dove il differenziale dei BTp sul bund ha toccato il livello record a quota 182 (vedi articolo sotto). Lo spread dei titoli portoghesi ha invece ormai raggiunto i 500 punti e a poco sembrano essere serviti i riacquisti operati dalla Bce nel tentativo di stabilizzare i rendimenti segnalati ieri da diversi operatori.

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Francoforte, da parte sua, continua a intervenire in soccorso dei paesi in difficoltà, ma sembra anche procedere dritta sulla via della rimozione di quello stimolo monetario adottato dopo il crack-Lehman per evitare la crisi del sistema finanziario europeo. Il bollettino mensile pubblicato ieri, secondo l'interpretazione di Julian Callow di Barclays Capital, suggerisce che «la Bce si sta preparando ad alzare le previsioni su crescita e inflazione europea per il 2011 e a procedere con la normalizzazione delle operazioni sul mercato monetario attraverso l'eliminazione della piena assegnazione di risorse sulle aste a tre mesi». Tutto questo mentre il tedesco Juergen Stark, membro del consiglio direttivo, conferma che «ulteriori passi nel ritiro delle misure non convenzionali seguiranno con il graduale miglioramento delle condizioni sui mercati finanziari».

Del resto anche l'esito delle operazioni di rifinanziamento al sistema bancario sembrerebbe dare ragione ai «falchi» dell'Eurotower, visto che all'asta-ponte di ieri sono giunte richieste per soli 12,5 miliardi di euro contro i 35,7 miliardi dell'operazione a sei mesi in scadenza e non rinnovata. Il fatto che il ricorso delle banche dell'eurosistema al «bancomat» di Francoforte si stia progressivamente riducendo sarebbe di per sé un segnale favorevole per l'eurosistema che i mercati stentano però a recepire: anche ieri l'euro ha perso quota scendendo a 1,3650 dollari e in una giornata relativamente tranquilla per le Borse europee (Francoforte e Londra hanno chiuso sostanzialmente invariate), i titoli del settore finanziario hanno sottoperformato pesando su Parigi (-0,54%), Milano (-0,96%) e Madrid (-0,84%). In rosso ha chiuso pure New York, ma in questo caso sono state le deludenti previsioni di Cisco Systems a pesare sul Nasdaq (-0,9%) e di riflesso sull'S&P 500 (-0,42%).

m.cellino@ilsole24ore.com

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