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Sul caso Ruby la pm dei minori ribadisce la sua versione: le parole di Maroni non corrispondono ai fatti

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2010 alle ore 16:25.

«Ho sempre detto che la minore doveva essere collocata in comunità dopo gli accertamenti». Non cambia di una virgola la sua versione dei fatti Annamaria Fiorillo, il pm al tribunale dei minori di Milano, che oggi è intervenuta al programma "In 1/2 ora" di Lucia Annunziata su Raitre, per ribadire di non aver mai autorizzato l'affidamento di Ruby, la giovane marocchina finita al centro dell'ultimo ciclone che ha investito il premier Silvio Berlusconi, al consigliere regionale Nicole Minetti.

Una decisione «sofferta». Intervistata dalla Annunziata, il pm ha innanzitutto chiarito le ragioni che l'hanno spinta a sottoporsi a un confronto televisivo. Fiorillo ha spiegato di aver sentito «un insopprimibile impulso» a fornire la ricostruzione dopo aver ascoltato il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riferire sulla vicenda: «Mi assumo le mie responsabilità perché sono una persona comune ma svolgo un ruolo importante di cui ho enorme rispetto». È stata una decisione sofferta, ha ammesso il pm, «ma ci sono cose più grandi che dobbiamo seguire: ho avuto un padre magistrato e ritengo la dignità della magistratura una cosa insopprimibile», nell'assoluto rispetto della trasparenza.

Le parole di Maroni dettate forse dalla «ragione di stato». La pm ha quindi sottolineato con forza che quanto dichiarato al ministro Maroni sulla vicenda Ruby «non corrisponde alla mia diretta esperienza dei fatti: quello che ho vissuto non è conforme alla presentazione che il ministro Maroni ne ha dato». «Maroni è allora stato bugiardo?», la incalza Annunziata. «Per carità - ha risposto il magistrato - io mi riferisco a quello che lui ha detto, penso che si sia documentato o abbia avuto persone che gli hanno sottoposto documenti o interpreatazioni, io ne prendo atto ma ciò non corrisponde alla mia diretta esperienza». Non sono in grado, aggiunge Fiorillo, «di valutare se c'è buonafede o malafede. Non mi compete assolutamente questo aspetto. Però osservo - ha proseguito - che ognuno di noi ha la responsabilità del ruolo che sta rivestendo e in quel momento il ministro parlava come un membro del governo quindi rispetto a questa cosa avrà le sue responsabilità politiche ma anche delle ragioni politiche. Potrebbe essere, chiamandola in modo molto generico, una ragion di Stato. Ma qualunque ragione di stato non può essere così assorbente da superare la violazione della legalità».

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La ricostruzione della vicenda. La Fiorillo ha dunque ripercorso quanto avvenuto nella notte in cui la giovane venne fermata dalla polizia e ha ribadito di aver sempre disposto telefonicamente che la minore doveva essere collocata in una comunità, dopo gli accertamenti sull'identità. Il magistrato ha confermato di aver avuto 6-7 telefonate alle volanti e dalla questura e di aver giudicato poco credibile la parentela con Mubarak. Alle insistenze della polizia sull' «illustre parentela», chiese di verificare l' identità ma venne scoperto che la giovane aveva nome marocchino ed era già stata in una comunità in Sicilia. Il pm ha poi precisato che a lei non era «mai stato detto che fosse arrivata una telefonata da parte di qualcuno» e ha raccontato che la funzionaria della questura, aveva un tono «veramente molto rigido». «Credo di aver commesso un errore - ha riconosciuto Fiorillo - avrei dovuto comprendere che questa persona era in difficoltà, era costretta, rigidissima come se non ascoltasse quello che dicevo».

La relazione inviata a Bruti Liberati. La pm ha quindi raccontato di essere stata chiamata dal procuratore di Milano, Edmondo Bruti Liberati, a cui consegnò una relazione in cui in nessun punto si diceva di aver autorizzato l'affidamento: «Ho scritto non ricordo di aver autorizzato l'affidamento della minore - ha detto Fiorillo - avrei dovuto scrivere: ricordo di non aver autorizzato». Nei giorni scorsi la Fiorillo si era rivolta al Csm chiedendo che venisse chiarita la "discrepanza" tra la sua versione e quella fornita da Maroni (che ha querelato il pm), così come dal capo della procura milanese Bruti Liberati, secondo il quale le procedure di affido erano state corrette. Il comitato di presidenza dell'organo di autogoverno delle toghe ha trasmesso la lettera del pm milanese al procuratore generale della Cassazione, Vitaliano Esposito, che ha disposto "accertamenti" sulla vicenda. (Ce. Do.)

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