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Accordo sul calendario. Manovra entro il 10, si vota la fiducia il 14 dicembre

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 06:36.

Un successo del Quirinale in un clima inasprito (di Stefano Folli)
Lo stesso giorno la Consulta decide sul legittimo impedimento (di Donatella Stasio)

Approvazione della «legge di stabilità» entro il 10 dicembre. Poi via libera ai passaggi necessari per far fronte alla crisi apertasi nella maggioranza: comunicazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi prima al Senato poi alla Camera nella mattinata del 13 dicembre, voto contestuale il giorno dopo.

È il percorso delineato ieri sera nel programmato incontro al Quirinale tra Giorgio Napolitano, Renato Schifani e Gianfranco Fini, seguito da una breve consultazione tra i due presidenti di Camera e Senato. L'incontro - fa sapere il Colle - ha consentito di confermare «la concorde adesione delle forze parlamentari all'esigenza di dare la precedenza, nei lavori della Camera e del Senato, all'approvazione finale delle leggi di stabilità e di bilancio per il 2011». In mattinata era giunta la richiesta di tutti i gruppi di opposizione agli stessi Schifani e Fini di approvare la legge di stabilità entro fine novembre. Napolitano ha ribadito peraltro a più riprese già nei giorni scorsi la necessità di porre la finanziaria al riparo dalla crisi, «in nome dell'interesse generale del paese nelle attuali difficili vicende finanziarie internazionali». Con la nuova grave turbolenza che sta investendo l'eurozona, non si possono correre rischi.

A Schifani e Fini ha chiesto di fissare con le rispettive conferenze dei capigruppo i tempi della crisi nell'ambito di una «costruttiva intesa». Sia dunque per quel che riguarda la mozione di sfiducia presentata alla Camera sia per la richiesta «del presidente del Consiglio di rendere comunicazioni al Senato e alla Camera». In sostanza, contestualità dei due eventi, evitando in tal modo la «guerra delle mozioni» e il rischio di un conflitto istituzionale tra le due Camere.

La decisione in merito di Fini e Schifani è in linea con l'invito del Capo dello Stato: contestualità delle votazioni sulla mozione di fiducia al Senato e quella di sfiducia al governo alla Camera. Il giorno clou è il 14 dicembre. Nel dettaglio, l'intesa tra i due presidenti è che la finanziaria venga approvata in via definitiva entro i primi dieci giorni di dicembre. Data entro la quale dovrà evidentemente prevedersi anche l'eventuale terza lettura da parte della Camera. Lunedì 13 Berlusconi riferirà la mattina al Senato e alle 13 alla Camera. Seguirà il dibattito sulle comunicazioni del premier e sulle mozioni di sostegno al governo presentate al Senato dal Pdl e alla Camera (finora da Pd e Idv).

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Potrebbe comunque verificarsi un leggero sfasamento temporale nella comunicazione dell'esito delle votazioni (i senatori sono la metà dei deputati), ma il risultato finale che sarà espresso il 14 dicembre non muterà poiché in caso di fiducia al Senato e sfiducia alla Camera Berlusconi dovrebbe comunque salire al Quirinale per dimettersi (l'articolo 94, primo comma della Costituzione, prevede che il governo debba avere la fiducia di entrambe le Camere).

L'incontro si è mantenuto, com'era lecito attendersi, su un piano strettamente istituzionale oltre che procedurale. Non era certo nelle intenzioni di Napolitano e nella premessa stessa della convocazione avviare una qualsivoglia discussione sul ruolo di Gianfranco Fini, presidente della Camera e leader della formazione politica che ha aperto formalmente la crisi. Punto sul quale il Pdl continua a battere con un certo vigore.

Quanto ai possibili scenari del dopo voto, la strada è già tracciata. In caso di dimissioni di Berlusconi, spetterà a Napolitano verificare se in Parlamento sussistano numeri e condizioni politiche per dar vita a un nuovo governo. Potrà farlo nei modi che riterrà più opportuni, anche con un mandato esplorativo come accadde nel gennaio 2008 dopo la caduta del governo Prodi (allora la scelta cadde sul presidente del Senato Franco Marini). In caso di fallimento, non resterebbe che sciogliere le Camere, decisione - ripetono al Colle - che rientra nell'esclusiva prerogativa costituzionale del Capo dello Stato.

Per il resto, per sondare l'umore con cui Napolitano sta affrontando questa nuova grave «turbolenza politica e istituzionale», basta soffermarsi su quanto ha osservato ieri mattina, in occasione della cerimonia di inaugurazione della rinnovata sede della biblioteca del Quirinale. «Spero di poter venire in Biblioteca un po' più spesso e soprattutto spero, di qui al 2013, di non essere costretto a rifugiarmi qui come in un'oasi in un mondo politico e istituzionale perennemente perturbato. Mi auguro di poter venire serenamente». In sostanza Napolitano si augura che nei tre anni e mezzo che lo separano dalla fine del suo mandato, il clima politico in qualche modo si rassereni. Affermazione che rievoca quel che disse lo scorso 12 marzo a Tor Vergata, in occasione della cerimonia inaugurale delle celebrazioni dei 150 anni dell'unità d'Italia: «Qui si è respirata una bella aria. Altrove c'è la bolgia».

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