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Sarkozy elimina lo scudo fiscale e tassa le rendite finanziarie

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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2010 alle ore 14:33.

Era una delle priorità del programma presidenziale di Nicolas Sarkozy: nessun francese deve avere un prelievo fiscale complessivo superiore al 50% del proprio reddito. Lo scudo non lo ha inventato lui, era nato nel 2006 con il governo de Villepin. Ma lui lo ha abbassato dal 60 al 50 per cento. Un caso unico, almeno in Europa.

Il tetto esiste infatti in Danimarca e in un paio di cantoni svizzeri, tra cui ovviamente Ginevra, ma è al 60 per cento. E al 60% era anche quello finlandese, abolito nel 2005 assieme alla patrimoniale. La corte costituzionale tedesca ha varato una raccomandazione perché i contribuenti i contribuenti non siano soggetti a prelievi superiori a metà del loro reddito. Ma si tratta, appunto, di una raccomandazione.

La decisione di Sarkozy è stata insomma un'eccezione. E in questi anni si è attirata numerose critiche, alimentando l'accusa di essere «il presidente dei ricchi». Va ricordato che lo scudo costa poco meno di 700 milioni e ne beneficiano 19mila contribuenti.

La situazione è precipitata quando si è saputo che l'anno scorso Liliane Bettencourt – proprietaria de L'Oréal, donna più ricca di Francia – aveva ricevuto in nome dello scudo un rimborso fiscale di 40 milioni. Salvo scopire che la stessa Bettencourt era titolare di conti esteri non dichiarati e di proprietà immobiliari non regolarmente denunciate. Per lo scudo era la fine.

A un anno e mezzo dalle elezioni presidenziali del maggio 2012 Sarkozy non poteva che annunciarne la morte, come effettivamente ha fatto nel suo intervento televisivo di martedì scorso. Ma il presidente ha decretato la scomparsa, nel quadro di una riforma fiscale prevista per metà dell'anno prossimo, anche di un'altra eccezionalità francese: l'Isf (impot sur la fortune), la patrimoniale. La Francia è infatti rimasto l'unico paese europeo ad avere questo prelievo, che scatta a partire dai 790mila euro, riguarda 560mila contribuenti e garantisce alle casse dello stato introiti per 3,9 miliardi. Che spinge molti francesi a cambiare residenza e molti stranieri a non prendere la residenza in Francia.

Isf meno scudo, si tratta a questo punto di trovare circa 3,3 miliardi. Senza aumentare le tasse, come ha ribadito Sarkozy. L'operazione non è semplice e rischia di non essere indolore. Il presidente ha parlato genericamente di «una nuova imposta su redditi e plus valenze da beni immobiliari e mobiliari». Un folto gruppo di parlamentari della maggioranza ha immaginato un aumento dal 19% al 27% delle plusvalenze su azioni e obbligazioni e dell'attuale prelievo forfettario su dividendi e interessi. Che assicurerebbe 2 miliardi. Più una limatura (dal 41 al 45%) del prelievo marginale sui redditi più alti per rastrellare un altro miliardo. Sempre all'interno della maggioranza c'è chi propone di adeguare il prelievo forfettario alla tassazione sui redditi da lavoro, portandolo cioè dal 19% al 30-41 per cento.

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C'è chi suggerisce invece di lavorare di taglio e cucito sull'immensa area delle agevolazioni fiscali (506, per un costo complessivo di 74 miliardi). Basti pensare che la riduzione dell'Iva al 5,5% per i lavori di ristrutturazione e ammodernamento dei vecchi edifici, di cui sono beneficiarie circa 300mila imprese, vale 5,15 miliardi.

Quale che sia la strada che Eliseo e governo decideranno di percorrere certo è stretta. Nella realtà e ancor più nella percezione: la Francia ha infatti l'immagine di un paese fiscalmente complicato e costoso. Proprio quando la concorrenza fiscale, in termini di delocalizzazioni di imprese e di flussi di capitali, è particolarmente accesa, la Francia, impegnata ad adeguare la propria fiscalità a quella tedesca, non può permettersi di peggiorare questa immagine. A maggior ragione con la corsa all'Eliseo già partita.

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