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Gli Stati Uniti inviano portaerei nei mari orientali dopo le bombe della Corea del Nord. Video

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2010 alle ore 19:31.

Gli Stati Uniti bersaglio indiretto

La Corea del Sud e gli Stati Uniti daranno il via a manovre militari navali congiunte a partire da domenica prossima. Lo hanno deciso il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e quello sudcoreano Lee Myung-Bak, all'indomani del bombardamento da parte della Corea del Nord di un'isola sudcoreana. Le manovre, che si svolgeranno nel Mar Giallo, dove si è verificato l'attacco di ieri, vedranno la partecipazione della portaerei americana George Washington, secondo quanto comunicato dall'agenzia sudcoreana Yonhap.

Obama e Lee Myung-Bak hanno concordato di "innalzare il livello di preparazione" e di svolgere manovre militari congiunte "nei prossimi giorni", ha annunciato la Casa Bianca, «per proseguire sulla strada della stretta cooperazione in materia di sicurezza tra i nostri due paesi e per sottolineare la forza della nostra alleanza e il nostro impegno per la pace e la sicurezza nella regione», si legge nel comunicato della presidenza americana.

L'attacco improvviso all'isola sud-coreana di Yeonpyeongdo (1.700 abitanti e mille militari di guarnigione), sotto forma di un violento bombardamento (pare uno dei più violenti dalla fine della guerra aperta combattuta tra il 1950 e il 1953) effettuato dalla terraferma del Nord contro vari edifici proprio mentre era in corso un'esercitazione navale della marina di Seul, ripropone gli annosi e irrisolti quesiti da un lato sulle reali intenzioni di Pyongyang nei confronti dei "fratelli" del Sud e, più in generale, dei vicini della regione (Cina e Giappone su tutti) e dall'altro lato quale reale forza militare essa sia in grado di mettere in campo.

Al primo interrogativo si può rispondere con certezza che è praticamente…senza risposta: a vederci chiaro e a dare risposte razionali prova invano, da vari anni, il cosiddetto "gruppo dei cinque" (Usa, Cina, Russia e Giappone, oltre alla stessa Corea del Nord), continuamente spiazzato da scarti in apparenza illogici effettuati dalla dirigenza di Pyongyang, che ama alternare continue docce calde e fredde, azioni ostili e aperture al dialogo, di cui appare di fatto impossibile intravedere le finalità ultime.

Meno complicato risulta illustrare le capacità militari nord-coreane

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(Afp)

Gli Stati Uniti bersaglio indiretto

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VIDEO / I colpi di artiglieria della Corea del Nord sull'isola sudcoreana

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Tags Correlati: Barack Obama | Cina | Corea del Sud | Forze Armate | George Washington | Giappone | Lee Myung-Bak | Misure di sicurezza | P'yongyang | Seul | Siegfried Hecker | Stati Uniti d'America | Sud | Yongbyon | Yonhap

 

. Sulla carta i numeri sono di tutto rispetto, ma con una qualità sempre più scadente: poco meno di un milione di soldati nell'esercito (oltre a 600mila riservisti ben addestrati), forte di 3.500 carri armati (in gran parte reperti da museo) e addirittura quasi 18mila pezzi di artiglieria (anch'essi quasi tutti obsoleti); 110mila uomini nell'aviazione, che schiera 590 velivoli (di nuovo in buona parte residuati superatissimi come i MiG-21 o i Sukhoi-7 Fitter, che hanno oltre mezzo secolo di vita); e, infine, 46mila marinai schierati soprattutto su naviglio sottile (appena 13 tra fregate e corvette, ma ben 335 siluranti e pattugliatori vetusti), con un corredo di 22 battelli subacquei d'origine sovietica (classe "Romeo", con oltre 50 anni di età) e alcune decine di mini-sottomarini, di origine ex jugoslava, frequentemente impiegati per missioni d'intelligence e sbarco d'incursori sulle coste del Sud.

La marcata obsolescenza delle forze convenzionali, se può rispondere ancora bene alla filosofia "classica" dell'esercito nord-coreano (difesa, mediante la marxiana "guerra di popolo", contro un eventuale - benché improbabilissimo - attacco dal Sud o dagli Usa), è ormai in stridente contrasto con la volontà ufficiale di raggiungere l'unificazione del paese mediante l'uso della forza militare. Le forze sud-coreane, molto più esigue dal punto di vista numerico, sono inesorabilmente più moderne e un ipotetico attacco al Sud, (al di là di momentanei danni anche gravi che potrebbe patire la megalopoli Seul, forte di oltre 10 milioni di abitanti e cuore politico-economico vitale dl paese, che si trova a soli 40 km dal confine), si risolverebbe quasi certamente in una disfatta.

Molto diverso risulta il discorso se si considerano le armi di distruzione di massa, al cui sviluppo sono stati sacrificati sia le forze armate tradizionali, sia soprattutto il tenore di vita di tutti gli oltre 20 milioni di abitanti del Nord. Il risultato di trent'anni di sforzi incredibili sono un numero imprecisato (almeno alcune decine) di missili a medio raggio (circa 2.500-2.800 km di portata), esportati anche verso vari paesi a rischio, come l'Iran o il Pakistan, ma soprattutto alcune armi atomiche (tra 5 e 10, secondo le stime), di cui almeno un paio collaudate nel 2006 e nel 2009 e una terza (si dice) d'imminente sperimentazione. Ed è proprio a questo tipo di armi che guarda con grande apprensione il mondo, Tokio e Seul in testa.

Nei giorni scorsi allo scienziato statunitense Siegfried Hecker, in visita nel paese, è stato mostrato il nuovo impianto per l'arricchimento dell'uranio di Yongbyon, posto a un centinaio di chilometri a nord di Pyongyang. Secondo quanto Hecker ha raccontato al suo rientro, a Yongbyon sarebbero attive oltre 1.000 centrifughe, nate per uso civile, ma facilmente convertibili per fabbricare bombe nucleari. Ad aver soprattutto colpito Hecker è stato il livello di sofisticazione della centrale e delle centrifughe, che lascia presagire la possibilità di rapidi progressi verso la creazione di uno stock di materiale fissile sufficiente a portare, entro un paio di anni, a qualche decina le armi di Pyongyang. Per farne che? Il "gruppo dei cinque" teme che l'esito probabile sia un continuo rilancio di richieste sul tavolo negoziale in realtà mai soddisfacibile. Fino a un punto di rottura costituito dalla tentazione di usare l'arma atomica: cosa che costringerebbe gli Usa (garanti dell'indipendenza e della sicurezza del Sud) o la Cina (se la minaccia fosse diretta contro di lei) a rispondere adeguatamente con mezzi analoghi. E, soprattutto, il Giappone a dotarsi anch'esso di un armamento atomico, superando gli ultimi tabù etico-militari che affondano le loro radici nel trauma assoluto di Hiroshima e Nagasaki. Una prospettiva che, in un'area che già da alcuni anni è quella che più spende al mondo in armamenti (grazie anche a una ricchezza economica fino a pochi anni fa sconosciuta) e che è ricca di innumerevoli contenzioni territoriali, è in grado di far tremare i polsi a tutte le cancellerie mondiali.

L'apparato militare della Corea del Nord

I principali siti militari della Corea del Nord

La carta economica della Corea del Nord

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