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Napolitano: non sono aggiornato sulla riforma della giustizia. Palamara: lotta a corruzione è la priorità

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 novembre 2010 alle ore 12:49.

Nel 2009 le tangenti nel nostro paese hanno inciso sulle tasche degli italiani per circa 60 miliardi di euro»: a sottolinearlo il presidente dell'Anm, l'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, nella relazione introduttiva al 30esimo congresso del sindacato delle toghe, in scena a Roma, alla presenza tra gli altri del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, accolto al suo arrivo da un lungo applauso.

Il capo dello Stato ha indicato come «indispensabile», in una fase difficile come l'attuale, «che il cittadino recuperi fiducia nel sistema giudiziario «anche attraverso un corretto rapporto tra magistratura e politica». Il capo dello stato ha «apprezzato in modo particolare, ascoltando la relazione del presidente Palamara, l'impegno dell'Anm per l'autoriforma della magistratura e la disponibilità dichiarata a un confronto costruttivo e propositivo con le forze politiche sul tema della riforma della giustizia».

Napolitano, lasciando il congresso, ha poi detto di «non essere aggiornato» sull'annuncio fatto giovedì dal premier di varare martedì prossimo la riforma della giustizia. «Quale riforma?... Non sono aggiornato su quello che farà il governo», ha detto Napolitano.

Il presidente del Senato, Renato Schifani, parlando con i cronisti a margine del congresso dell'Anm ha dichiarato: «Ci si deve sforzare tutti per evitare qualunque tensione, qualunque contrapposizione conflittuale nella logica della separazione dei poteri. L'autonomia e l'indipendenza della magistratura sono un fondamento essenziale della nostra Costituzione che non può essere messo minimamente in discussione».

Palamara nel suo intervento ha ricordato come a causa della «piaga» corruzione, l'Italia è al 67esimo posto nel rapporto pubblicato da Trasparency International. Stanno meglio di noi non solo «tutti i Paesi Ue, G8 e G20», con poche eccezioni, ma anche Malesia, Turchia, Tunisia, Croazia, Macedonia, Ghana, Samoa e Ruanda. Secondo Palamara quindi occorre anche «un serio sforzo» nella lotta alle mafie che «non può esaurirsi limitandosi ad applaudire in occasione degli arresti o del sequestro dei beni», ma ha bisogno anche «di interventi mirati sul piano legislativo».

Palamara ritiene quindi «essenziale» che la lotta alla corruzione sia «tra le priorità dell'agenda delle riforme» e le misure contenute nel ddl al vaglio del Parlamento «operano in più direzioni, dalle modifiche di parti del diritto amministrativo a nuove regole in materia di organizzazione interna; dai nuovi criteri di selezione, formazione e rotazione dei dipendenti dell'amministrazione pubblica a interventi sul piano strettamente penal-sostanziale».

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«Abbiamo espresso - sottolinea Palamara - condivisione per il tipo di approccio multi disciplinare soprattutto in un'ottica di prevenzione di forme di illegalità diffusa. Per il resto, abbiamo manifestato le nostre perplessità sulle novità proposte sul versante del controllo penale». I rapporti internazionali, conclude il presidente dell'Anm, «rilevano come la corruzione in Italia, radicata tanto nella pubblica amministrazione, quanto nel settore privato, sia favorita da alcuni aspetti specifici del nostro sistema amministrativo, come la non trasparenza e l'inefficienza di cui soffrono i meccanismi di assunzione e promozione».

Palamara sottolinea poi come la scelta se rientrodurre o meno l'immunità parlamentare «spetti alla politica» e sciorina altri dati sui "ritardi" della giustizia italiana, causato soprattutto «dalla crescente giacenza di processi sia nel civile (5,5 milioni di procedimenti pendenti) sia nel penale (1,5 milioni di procedimenti pendenti)». La durata dei processi, osserva il
leader del sindacato delle toghe, «non è omogenea sul territorio nazionale» e, secondo dati recenti forniti dal ministero della Giustizia, la durata media dei processi civili è di tre anni in Tribunale, oltre tre anni in appello e stessa durata in Cassazione. Tre anni e mezzo, invece, per chiudere un processo penale in dibattimento dal Tribunale alla Cassazione.

La giustizia "lumaca" è anche un costo per lo Stato: «vengono - sottolinea Palamara - destinati circa 250 milioni di euro per le richieste di indennizzo per violazione del termine di ragionevole durata del processo. Dalle ricerche Cepej del 2008 e del 2010, conclude, risulta che l'Italia ha il maggior numero di controversie per abitante. In particolare, «i magistrati italiani devono dare risposta a un contenzioso civile che è il terzo in Europa ed è quasi il doppio rispetto agli altri grandi Paesi Ue».

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