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Hillary Clinton dal Kazakhistan: Berlusconi è il miglior amico degli americani

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 18:05.

Obama nomina un esperto di antiterrorismo a capo della task force contro WikiLeaks

«Non abbiamo amico migliore di Silvio Berlusconi. Nessuno sostiene l'amministrazione americana con la stessa coerenza con la quale in questi anni Berlusconi ha sostenuto le amministrazioni Bush, Clinton e Obama». L'endorsement per il Cavaliere arriva da Astana, in Kazakhistan, dove è in corso il vertice Osce, e a pronunciarlo è il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, al termine di un bilaterale con il premier italiano. Mezz'ora di colloquio su cui non è trapelato nulla. Ma è probabile che i due abbiano affrontato i temi della collaborazione Italia-Usa, in particolare dopo le rivelazioni sul premier diffuse da Wikileaks. In serata la notizia che Barack Obama ha varato l'Interagency Policy Committee for Wikileaks, task force ad hoc per bloccare eventuali altre fughe di documenti dagli uffici dell'amministrazione americana.

Al Cavaliere la Clinton ha quindi rinnovato la propria stima con il chiaro obiettivo di ridimensionare il valore e la portata delle notizie diffuse da Wikileaks. «Berlusconi ha garantito in Aghanistan un sostegno generoso - ha proseguito il segretario di Stato -, ha lavorato in Europa con Sarkozy per la stabilizzazione della Georgia. Le amministrazioni americane, democratiche e repubblicane, sanno che possono contare sul Primo Ministro per realizzare politiche che sostengono i valori che condividiamo». L'incontro bilaterale, a quanto si apprende, è stato chiesto dal sottosegretario americano.

Intanto la maggioranza si prepara in vista dello show down del 14 dicembre. E ieri Gianni Letta, braccio destro del premier, aveva detto quasi sottovoce. «Sono rappresentante pro tempore del governo: non so quanto lungo e breve, non si sa mai». Lasciando intravvedere un piccolo spiraglio per il futuro del governo. Su cui invece si era mostrato sicuro il leader della Lega Umberto Bossi. «Il governo avrà la fiducia sia alla Camera che al Senato - replica il senatur ai cronisti che lo interpellano sull'opportunità del voto anticipato -. Adesso facciamo prendere la fiducia a Berlusconi e poi valuteremo. Se non ci sono abbastanza numeri, il governo non riesce ad andare avanti».

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Quanto basta, insomma, per capire che il leader del Carroccio è fermo sulle sue posizioni. E che, se fosse per lui, si risparmierebbe anche il passaggio del 14 dicembre e tornerebbe dritto dritto davanti agli elettori. Anche perché sui numeri della maggioranza nutre più di qualche perplessità. Ma tant'è. La fedeltà al Cavaliere non è in discussione e la Lega si prepara al voto del 14 dicembre nella speranza che la sicurezza ostentata dal premier rispetto alla capacità di centrare l'obiettivo della maggioranza assoluta in entrambi i rami del Parlamento sia certificata dai fatti. Fatti che, per la verità, assumono una lettura diversa all'interno della maggioranza.

Così c'è chi si lascia andare a uno sfogo amaro che non lascia speranze all'esecutivo. «Ormai il governo è sotto scacco dei finiani - ammette un berlusconiano doc con il Sole24ore.com - siamo loro prigionieri e anche se supereremo la prova del 14 potrebbero staccare la spina in qualsiasi momento». Ma c'è anche chi, soprattutto tra gli ex An, è ancora convinto che Berlusconi supererà anche questa prova. «Io credo che il governo avrà la fiducia - profetizza il ministro della Difesa, Ignazio La Russa -. È finita l'ambiguità, è finito il momento di stare con un piede in due staffe». Parole che suonano come un ammonimento rivolto alla sponda finiana, dove le dichiarazioni della giornata resituiscono l'immagine di una pattuglia divisa rispetto all'atteggiamento da tenere il 14 dicembre.

A sparigliare le carte ci pensa un falco come Enzo Raisi. Che, interpellato da affariitaliani.it, spiazza tutti e, alla domanda sulla possibilità di un'astensione dei finiani, risponde così. «Assolutamente sì. Certo che esiste la possibilità che ci asteniamo. Le possibilità sono l'astensione o il voto contrario. Dipende molto anche da quello che dirà il presidente del Consiglio Berlusconi da qui al 14». Indicazioni chiarissime che provocano l'immediata precisazione di un altro esponente dell'ala oltranzista, Fabio Granata. «Chi non vota la sfiducia a questo governo si pone fuori dal progetto di Futuro e libertà come delineato a Bastia Umbra».

Insomma, dentro Fli cominciano ad allargarsi le crepe che coinvolgono il blocco moderato del gruppo di Fini, sempre recalcitrante rispetto a una rottura definitiva con il Cavaliere. In ballo ci sono 12-13 deputati di Fli (tra cui spiccano Silvano Moffa, Pasquale Viespoli e Roberto Menia) che non hanno mai interrotto le comunicazioni con la sponda pidiellina e che si mantengono assai prudenti rispetto alla sfiducia. Un fronte interno che fa pressing su Fini. Stretto però anche da Casini e Rutelli che vorrebbero battezzare ufficialmente la nascita del terzo polo con una mozione congiunta di sfiducia al Cavaliere. Per il momento, però, il battesimo è rimandato.

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