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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2010 alle ore 20:11.
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Il "caso" Wikileaks è esploso in questi giorni ma era già nel mirino delle principali agenzie di intelligence da molti mesi come «minaccia» da gestire e sfruttare per «fare pulizia» e ricomporre «nuovi equilibri» dentro e fuori casa propria . La capacità di penetrazione degli uomini di Assange in settori vitali della messaggistica diplomatica e della sicurezza aveva lasciato esterrefatti molti addetti al lavoro come quando mesi fa erano stati rivelati i piani riservatissimi della Nato in Afghanistan con la dicitura «destroyed after reading».
Per altro verso i cable resi noti in questi giorni contengono notizie tutto sommato accessibili alle fonti aperte e nulla di particolarmente "sensibile", svelano cose già note come, ad esempio ieri, le "paure" cinesi per l'eccessiva libertà del Web che va quindi con controllata ed eventualmente censurata. Politicamente però si tratta di file molto più dirompenti dei piani militari perché potrebbero favorire mutamenti di assetti di governo (regime change) in quei paesi "attenzionati" tra i quali spicca la Russia (da "juniorizzare" a media potenza) l'Italia e in parte minore la Spagna. Tutti gli analisti di intelligence propendono per la tesi che ci si trovi di fronte a un "rilascio controllato" dei messaggi diplomatici dalle ambasciate americane nel mondo al Dipartimento di stato, Foggy Bottom, il porto delle nebbie.
Sarebbe questo, in altri termini, il frutto avvelenato di una trattativa ad altissimo livello nella comunità internazionale dell'intelligence che si sarebbe svolta tra la fine dell'estate e le prime settimane di autunno. Come sempre non ci sono prove e si procede soprattutto per deduzione e sulla basi di "tasselli" informativi. In una prima fase il "negoziato" avrebbe coinvolto le agenzie di intelligence Usa e mediatori facenti capo ad Assange per fare il punto su «quello che ci dobbiamo attendere di vedere in rete tra qualche mese».
Poi, in una seconda fase, il "negoziato" si sarebbe allargato alle due sponde dell'Atlantico ma con qualche puntata a Tel Aviv o a Pechino e dalla quale con ragionevole certezza i servizi italiani sarebbero stati tenuti all'oscuro perché "parte del problema" più che della "soluzione". In un tavolo di negoziato i portavoce delle agenzie americane (non solo Cia ma anche Nsa e dipartimenti per la sicurezza informatica delle altre 15 "ditte") con in mano i titoli dei file avrebbero giocato a carte scoperte con gli inglesi del Mi6, con i tedeschi della Bnd e i francesi della Dgse ma anche con gli israeliani del Mossad.