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Fini: non ci saranno ribaltoni ma Berlusconi sia più umile. Casini: noi vecchi? Premier «catacombale»

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2010 alle ore 10:38.

Non ci saranno ribaltoni. A esserne convinto è il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha risposto così alle polemiche domande di una consigliera municipale del Pdl mentre incontrava gli studenti del liceo classico Orazio di Roma. «Il ribaltone - ha detto Fini - è un sovvertimento della volontà popolare. Non credo ci saranno ribaltoni». Senza fare il nome del premier, Fini ha detto che «se qualcuno fosse più umile e pensasse di aver torto lui, invece di invocare sempre il complotto, se qualcuno dicesse che alcuni impegni non sono stati mantenuti, le cose sarebbero state migliori». Rivolgendosi alla esponente del Pdl, Fini ha detto: «Cosa ne pensa di tante promesse non mantenute, di tanti impegni disattesi, di chi aveva promesso che la legge è uguale per tutti e invece pensa agli affari suoi? La politica è onestà intellettuale». Rispetto alle cosiddette "leggi ad personam", il presidente della Camera ha osservato: «C'è un limite oltre il quale non si può andare, pena la dignità».

Intanto il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini replica al premier, che ieri aveva affermato di non avere nessuna intenzione di passare il testimone senza aver prima
terminato il programma di governo. Tantomeno a quelli che aveva chiamato «maneggioni della vecchia politica», «ammucchiata di reduci», «signori attempati che hanno sempre formato le seconde file dei partiti», che «non hanno mai dimostrato di saper fare qualcosa di importante per il paese». Ma «a una nuova generazione di politici seri, giovani e preparati». Casini ha replicato, «se siamo vecchi noi, ed è vero, lui allora è catacombale». Poi la proposta. «Troviamo assieme un giovane, o lo indichi lui, e diamo finalmente a questo Paese un governo più giovane». Noi, ha proseguito Casini, «non abbiamo bisogno di posti: se Berlusconi non continua con pervicacia a difendere la necessità sua di rimanere lì, scelga lui, facciamo una bella intesa e un belgoverno con giovani, bravi e volenterosi».

Intanto Antonio Di Pietro boccia senza appello l'ipotesi di un Berlusconi-bis: sarebbe come affidare il pronto soccorso a Dracula. «Dopo i tanti danni che ha fatto all'Italia,rimettere il governo nelle mani di Berlusconi sarebbe come affidare il pronto soccorso a Dracula», ha detto alla Camera il leader dell'Idv. «Liberiamocene una volta per tutte, prima il 14 dicembre e poi nelle urne».

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Apertura del capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, sulla possibilità di una modifica della legge elettorale, mentre il capogruppo dei finiani di Futuro e libertà alla Camera, Italo Bocchino è possibilista verso un Berlusconi bis a patto che il Cavaliere si dimetta prima del 14 dicembre, ossia prima che si voti la fiducia in Parlamento. Questo mentre il leader dei radicali, Marco Pannella, non scioglie la riserva su come i "suoi" sei deputati si comporteranno in occasione della fiducia del 14 dicembre e il leader dell'Api, Francesco Rutelli dà il suo sì a un esecutivo di larghe intese.

Bocchino, in un'intervista a Repubblica, bolla la "campagna di Libero" contro i dissidenti della maggioranza come "terrorismo". «Più delle parole di Berlusconi - osserva - ci preoccupa il clima che il Pdl e le sue propaggini giornalistiche vogliono creare». Per il capogruppo Fli alla Camera il premier è in «piena tempesta emotiva» anche perché «è abituato a comandare» e ora «si accorge di essere finito in minoranza». Secondo Bocchino, comunque, «è probabile che si dimetta» perché «non c'è ragione per farsi sfiduciare». Dure le parole che usa. «Può continuare a mostrare i muscoli per rabbia o perché qualche consigliere "scienziato" gli fa credere di avere i voti in tasca. Ma il 14 mattina - osserva - immagino si dimetterà, avendo così la possibilità, per prassi costituzionale, di riassumere l'incarico. Da quel momento si apre un'altra fase politica».

Per il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, «Fini e Casini, ritenendosi furbissimi, si sono cacciati in un vicolo cieco». Intervistato da La Stampa dice che il «vicolo cieco» sarebbe rappresentato dal fatto che Fini, d'accordo con Casini, ha anticipato la data della presentazione della mozione di sfiducia al governo prima del 13 dicembre, come aveva annunciato, e ora la stessa mozione sarà votata anche da Pd e Idv. «Per chi viene dalla storia della destra ed è stato eletto nelle liste su cui era scritto Berlusconi presidente - afferma Cicchitto - un bel salto nel buio». Cicchitto respinge l'ipotesi di un governo tecnico e ritiene necessario che «il governo Berlusconi faccia due passi avanti, altro che passi indietro - prosegue Cicchitto - . Il primo sull'economia», recependo l'accordo tra Confindustria e parti sociali e l'altro riprendendo «il filo delle riforme istituzionali», il tutto «collegato a un'eventuale riflessione sulla legge elettorale», il cui punto discriminante è «mantenere il premio di maggioranza».

Per Francesco Rutelli «la via maestra è la creazione di una larga maggioranza: sarebbe inconcepibile affrontare l'attuale, grave crisi economica con un governicchio». Dalle colonne del Corriere della Sera il segretario dell'Api, precisa «ci vuole un esecutivo di larga convergenza che faccia scelte coraggiose per la crescita dell'economia». Con quello che Rutelli definisce il «Nuovo polo», occorrerà costruire una maggioranza che «a destra dovrà coinvolgere il Pdl e fare i conti con la Lega, cioè l'attuale maggioranza e a sinistra, il Pd. Con Di Pietro sarà più difficile - aggiunge - perchè non è interessato a soluzioni costruttive». Obiettivo del Nuovo polo sarà quello di far uscire il Paese dalla stagnazione economica e dalla crisi del lavoro, mentre «resta sullo sfondo» la legge elettorale. Per Rutelli «ci sono almeno cinque personalità» in grado di governare il paese ed è «prematuro parlare di leadership», tra i tre alleati: Rutelli, Casini e Fini. «Noi tre ci stimavamo già prima - commenta - oggi abbiamo una bella intesa e non ci divideremo».

É in posizione d'attesa il leader dei Radicali, Marco Pannella, che dalle colonne del Corriere della Sera fa sapere che non ci sarà «trattativa» e i suoi deputati saranno «coerenti nel ritenere necessario e utile a tutti il dialogo». Pannella racconta che da anni auspica un ritorno al dialogo con Berlusconi ma lui «ha sempre rifiutato».«Ora temo che sia troppo tardi - aggiunge - ma continuerò a provarci». Sul piano delle risposte attese dal governo, Pannella ne denuncia le carenze, per esempio, sul tema delle carceri, argomento sul quale «le loro risposte sono leghiste o dipietriste» e alla luce di ciò, «ormai mi riesce difficile immaginare che dalla maggioranza vengano delle riposte al livello dei problemi che incombono». Quanto alle uscite del premier sui gay e sulle proteste degli studenti, Pannella minimizza e afferma: «le prendiamo come battute di un qualsiasi poveraccio» e poi aggiunge «aveva proprio ragione Veronica ad ammonirlo sugli esempi e i valori che si propongono ai giovani e ai figli. Ma sembra che fosse inutile».

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