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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2010 alle ore 20:00.
L'immigrazione e la libertà di culto, l'impresa e il lavoro, l'Expo e le prossime elezioni comunali, i tagli al cinque per mille e la necessità di nuovi cantieri sociali in città. È come sempre ricco e molto articolato il discorso alla città di Milano dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi, pronunciato in occasione della festa del patrono S. Ambrogio. Una prima preoccupazione enunciata dal cardinale riguarda il mondo degli immigrati: il cardinale chiede che «non si sovrapponga genericamente a tutti» loro «la categoria della delinquenza».
Tettamanzi fa anche esplicito riferimento alle vicende che hanno avuto protagonisti due immigrati marocchini, la scomparsa della giovane Yara Gambirasio in provincia di Bergamo e l'incidente stradale con sette vittime a Lamezia Terme. Intanto il gip di Bergamo Vincenza Maccora ha disposto la scarcerazione di Mohammed Fikri, il marocchino fermato nei giorni scorsi per il caso Yara.
Per gli immigrati, afferma il cardinale, occorre pretendere «leggi giuste» riconoscere «i diritti di cui sono nativamente portatori e quelli che hanno maturato con il loro lavoro. Premiamo, in chi ha un comportamento irreprensibile, il desiderio di diventare milanesi, italiani. Perché si agisce invece come se nessuna cura fosse possibile per loro?». Oltre che sugli immigrati, il presule è tornato a soffermarsi sui rom: «Noto come spesso ci si accanisca contro i nomadi - ha detto - per rendere ostile, a tutti i costi, il terreno in cui vivono, impedendo l'integrazione di chi vuole intraprendere percorsi di legalità e cittadinanza con il rischio di esporli ancor più alla delinquenza. Non manca persino chi spreca risorse, quasi nel tentativo di impedire la giusta integrazione, strumentalizzando la "questione nomadi" per ottenere consensi».
Secondo l'arcivescovo di Milano «compito di chi amministra la città è di amarla e servirla integralmente nel suo insieme, senza discriminarne una parte e se c'è una predilezione da accordare, come fanno ogni padre e madre di famiglia, sarà per il figlio più debole, per quello che inizia svantaggiato il percorso della vita, per chi ha bisogno di maggiori cure».
Non cita esplicitamente la mancanza di una moschea a Milano