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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2010 alle ore 22:46.
CANCUN - Come lo chiameranno? Certo non Protocollo di Cancun, perché dal vertice climatico dell'Onu non uscirà di sicuro un trattato internazionale da ratificare. Certo non Cancun Accord, perché assomiglierebbe troppo a quel Copenhagen Accord raggiunto l'anno scorso in extremis, quasi a mascherare il tracollo del processo diplomatico sulla riduzione delle emissioni-serra. E neppure Cancun Roadmap, visto che quella tracciata a Bali nel 2007 non ha portato da nessuna parte.
Ma i delegati di 194 paesi del mondo, riuniti da due settimane lungo le bianche spiagge della località turistica messicana, un nome all'acerbo frutto dei loro negoziati lo dovranno pur trovare. Ovviamente, sempre ammesso che riescano a mettersi d'accordo su un testo conclusivo.
A poche ore dalla conclusione ufficiale del summit (le 6 di pomeriggio, ora messicana), sarebbe già un bel risultato: dopo qualche spiraglio di luce, ieri il negoziato è ripiombato nell'ombra. Troppo grandi le distanze fra Cina e Stati Uniti, i due paesi più energivori al mondo. Troppo profonda la spaccatura fra il Nord e il Sud del mondo. Troppo potenti le forze contrarie dei paesi che producono petrolio, come Russia e Arabia Saudita.
«Se riuscissimo a chiudere entro le 6 – ha detto ieri mattina Connie Hedegaard, commissario Ue per il clima – me la sentirei di offrire la cena a tutti». Ma il suo conto in banca non corre rischi: secondo le previsioni della vigilia, il negoziato andrà avanti nella notte. Molto, molto avanti. Dopotutto, i negoziatori climatici ci sono abituati: anche nel '97, a Kyoto, l'intesa fu raggiunta intorno alle 5 del mattino. Per stanchezza, si presume.
Siccome tutto, punto per punto, deve essere ancora negoziato è difficile anche anticipare quali potranno essere i contenuti del (aperta parentesi, nome da definire) di Cancun. Le bozze di testo circolate in questi giorni avevano così tante parentesi aperte come questa, con varie opzioni da scegliere, che nessuno può permettersi di scommettere su niente.
In linea di massima, il documento finale dovrebbe includere l'istituzione di un fondo con una dotazione di 100 miliardi di dollari l'anno, per aiutare i paesi emergenti a confrontare i cambiamenti climatici in corso (quel che nel gergo Onu si chiama "adattamento") e a ripulire le industrie che producono energia in modo da abbassare le emissioni-serra (in gergo: "mitigazione"). Ma, in ogni caso, i dettagli tecnici del fondo saranno stabiliti in futuro.