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Una giornata da dimenticare per Roma sconvolta dalla violenza degli scontri e delle bombe carta

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 07:42.

In aula lo spettacolo di una caccia ai consensi con tanto di rissa in chiusura, molte ipocrisie travestite da democrazia. Fuori la violenza degli scontri e delle bombe carta, molta guerriglia urbana travestita da manifestazione democratica del dissenso.
La scorsa legislatura si è chiusa tre anni fa nello spettacolo triste di un parlamento dove si celebrava trangugiando fette di mortadella in dispregio delle istituzioni.

Anche stavolta alla Camera vedere il parapiglia seguito a inaspettate, ma legittime, dichiarazioni di voto non è stato degno dell'istituzione regina di una democrazia (e, probabilmente, un parlamento di nominati è meno sensibile di un vero parlamento di eletti).

E ieri mentre la Camera si divideva in due, Roma viveva una giornata di scontri e assalti, dove agli studenti che sfilano (e non sempre sanno il perché oltre allo slogan da striscione), si è sommato il professionismo delle barricate incendiarie e delle devastazioni. Black bloc? Forse felpe nere di casa nostra non globetrotter della demolizione; anarco insurrezionalisti utilizzatori abituali di violenza.

Rivisti i filmati che affiorano su Youtube, con teppisti che cercano di incendiare le camionette e un finanziere che in difesa ha estratto la pistola, è chiaro che se contiamo i feriti e non il morto è solo per fortuna.
Non siamo tornati, improvvisamente, nella Roma blindata e devastata, degli anni 70. La storia non si ripete mai, ma la preoccupazione è forte per questo rigurgito violento. E non è il "vento dell'Europa" che ha scosso l'auto dei reali inglesi bersagliati dai pubblici addetti tagliati da Cameron; che ha devastato la piazza sotto il Partenone in una Grecia stremata dai tagli; che ha rinvivito le banlieu in una (inefficace) alleanza tra studenti e pensionandi in Francia. L'Italia ha tenuto: ha salvato i conti, ha cercato (e cercherà ancora) di tamponare gli effetti sull'occupazione con il miglior sistema di ammortizzatori sociali del Vecchio Continente. Ma, nell'assenza di una politica di indirizzo di sviluppo economico e di crescita, prolifera il nulla petulante delle baruffe chiozzotte, benzina (non solo ideologica) per le molotov degli studenti arrabbiati e dei facinorosi di mestiere.

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Tags Correlati: Antonello Montante | Camera dei deputati | Confindustria | Emma Marcegaglia | Ikea | Raffaele Bonanni | Roma |

 

E la violenza, così, trova declinazioni e origini diverse, accoppiamenti inediti e nerissimi. La devastazione copre allora via del Corso, la via dello shopping natalizio, e lambisce viale dell'Astronomia, la strada ove ha sede della Confindustria, organizzazione impegnata in questi giorni nella modernizzazione delle relazioni industriali e nella lotta alla criminalità organizzata.

Mentre il Parlamento votava nel rugby e la capitale bruciava, veniva recapitato un caricatore di pistola a Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, e ad Antonello Montante, vicepresidente in prima linea nella lotta alla mafia e consigliere di amministrazione di questo giornale. Confusione, violenza e provocazione in una stessa giornata, in un quadro buio per il paese dove, come sa bene Raffaele Bonanni, riformista paziente e tenace, basta niente per essere, come è capitato ancora l'altro ieri, bersaglio dell'intolleranza dei gruppi antagonisti.

Le martellate ai bancomat e i caricatori inviati per posta hanno bisogno – oltre che delle doverose immediate risposte di polizia – delle risposte della politica.
Quella che prova a concertare in Europa posizioni comuni per affrontare il nodo del debito; quella che dovrebbe definire entro l'anno un abbozzo di politica economica nel decreto mille proroghe senza che sia la piattaforma delle mille leggine-mancia; quella che non si bloccherà nella conta quotidiana, estenuante dei seggi effettivamente a disposizione alla Camera o nelle vendette del dopo voto di fiducia; quella che non si baloccherà con le geometrie variabili dei gruppi, scomponibili e ricomponibili, come tante Ikea del consenso. Insomma, serve stabilità, come ci dicono i mercati e le agenzie di rating finora clementi con l'Italia. Ma poi la stabilità deve servire a fare qualcosa. Per il paese.

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