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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2010 alle ore 08:58.
Non è a Pier Ferdinando Casini e all'Udc che pensa nel breve periodo. Quella è semmai una strategia a cui lavorare con calma per portare a casa il massimo risultato. Nell'immediato Silvio Berlusconi ha in mente invece una soluzione meno complessa e più efficace, che consentirebbe alla maggioranza di evitare quel "vietnam" parlamentare ventilato ieri da Gianfranco Fini. «Io penso - dice il premier intervenendo nel corso della trasmissione "Mattino Cinque" - a singoli deputati che militano nei partiti di cui non condividono più la linea. I voti erano diversi in più già ieri sera. In molti hanno offerto la loro collaborazione».
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Il Cavaliere chiarisce a stretto giro quali parlamentari abbia in testa. Quando ammette di pensare «anche a deputati di Fli, che non condividono più la linea di Fini ma al quale hanno già pagato il debito di riconoscenza per averli messi in lista». Il premier sa che l'uscita della colomba Silvano Moffa dalla compagine futurista ha creato una pericolosa frattura che lui intende sfruttare a suo vantaggio. Ma sia chiaro, si affretta a precisare, «non offriamo posti di governo per convincere qualcuno. Se ci sarà la disponibilità di altri gruppi ad arricchire programma - continua il premier - offriremo loro la possibilità di lavorare con noi anche con posti di governo». Insomma, l'allargamento si può fare.
Ma il Berlusconi che parla all'indomani del doppio successo alle Camere torna anche sull'ipotesi di dimissioni dell'ex alleato dallo scranno più alto di Montecitorio. Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, lo punzecchia. Lui resta prudente. «Già ieri - dice - metà dell'assemblea» ha chiesto un suo passo indietro. «Ma questa - aggiunge ancora il premier - è una scelta sua, che riguarda la sua dignità. Non ho mai detto nulla a riguardo e vorrei mantenere la stessa posizione». Qualche sassolino dalla scarpa, però, Berlusconi prova comunque a levarselo. Belpietro gli ricorda come Fini abbia detto che «la vittoria di Berlusconi è solo numerica». Il premier lo interrompe e assesta la stilettata. «Sono frasi consolatorie. Ognuno - aggiunge - si consola come può». Ma non è tenero con il presidente della Camera nemmeno quando nega «che nel Pdl non c'è democrazia. È vero il contrario, era Alleanza nazionale ad essere una caserma».