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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2010 alle ore 10:09.
«Il mio ritorno a Libero è un'ipotesi reale, anche se tutto è ancora in via di definizione. Di sicuro si tratta di una prospettiva piuttosto eccitante».
Dopo l'anticipazione di ieri de Il Fatto Quotidiano, Vittorio Feltri conferma al Sole 24 Ore le voci che parlano di un suo ritorno al timone del giornale che fondò dieci anni fa. L'idea sulla quale si sta lavorando è quella di una co-gestione con l'attuale direttore Maurizio Belpietro, ma soprattutto di un ingresso «sostanzioso» dei due nell'azionariato della società, l'Editoriale Libero Srl, oggi controllata dalla famiglia Angelucci (la stessa che pubblica Il Riformista), che potrebbe rimanere nel capitale solo con una manciata di quote. Si parla anche della creazione di una newco, anche se al momento pare l'ipotesi meno probabile.
La vecchia idea , forse coltivata dopo i mesi tumultuosi del caso Boffo e persino a seguito dei più recenti fendenti assestati a Gianfranco Fini («Mai e poi mai concordati con Berlusconi», sostiene il direttore), è sempre quella: «Cercare di avere il maggior grado possibile di libertà, una condizione che facilita il lavoro perché sgombera il campo da tanti condizionamenti, sia da quelli veri e sia da quelli che ci imponiamo noi stessi».
Il riferimento al Giornale sembra evidente, con le dimissioni fresche fresche dalla carica di direttore del quotidiano per assumere le funzioni di "direttore editoriale". Feltri ribadisce comunque di «non aver mai subìto ingerenze dalla famiglia Berlusconi» per un rapporto negli anni altalenante, tra dissapori e improvvisi ritorni di fiamma, come quando fu richiamato nel 2009 per risollevare le sorti (e le casse, poco pingui) del quotidiano di via Negri.
«L'offerta di Libero è allettante – racconta Feltri – e ovviamente non tanto sotto il profilo della remunerazione quanto perché se le cose andranno in porto io e Belpietro punteremo ad avere la proprietà e la gestione del giornale, un progetto che francamente consideriamo eccitante». L'idea di un quotidiano diretto e gestito in solitaria è forse (anche) il tentativo di riscrivere una storia nuova, dopo l'era degli scoop artificiali e soprattutto delle accuse, rivelatesi poi infondate, che portarono alla fine dell'estate del 2009 alle dimissione del direttore dell'Avvenire Dino Boffo. Vicenda poi liquidata da Feltri con un «ho sbagliato, vicenda chiusa».