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Berlusconi, Fini, Bersani e Di Pietro: ecco tutti i guai di (quasi) tutti i partiti

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 dicembre 2010 alle ore 15:58.

Hanno trovato sotto l'albero di Natale la stessa (sgradita) sorpresa: un partito in preda a fibrillazioni, minacce di addii e diaspore dietro all'angolo. Così l'anno si chiuderà nel peggiore dei modi per Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Pierluigi Bersani e Antonio Di Pietro. Accomunati forse da un solo desiderio: sperare che l'Epifania porti via, insieme alle feste, i tanti problemi che agitano i loro partiti. Ecco perché per tutti loro il 2010 è un anno da dimenticare. E in fretta.

Il Pdl scosso dalle ministre e dalle correnti. Che non fosse un'oasi felice lo si era capito già da tempo. Ma la creatura inventata da Berlusconi è arrivata a fine anno profondamente logorata. E sotto l'albero di Natale il premier ha trovato l'ultima grana: la minaccia di uscita dal Pdl della ministra Stefania Prestigiacomo. Donna dal carattere non facile, dicono i suoi colleghi di partito che infatti le hanno tirato un brutto scherzo in aula inducendola a votare con l'opposizione e ad annunciare poco dopo l'addio al partito ma non al governo. Il caso per il premier è rientrato, ma non lo è affatto per la ministra siciliana. Che ha incassato la solidarietà di un'altra collega, Mara Carfagna, protagonista anche lei di uno scontro fortissimo dentro il Pdl. Lei che fa la guerra da sempre al suo nemico storico, l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, potente ras campano del Pdl, la regione di Mara. Due disagi femminili, cui si affianca anche il caso di Sandro Bondi, ministro e coordinatore, pronto a lasciare la poltrona della cultura per risparmiare alla maggioranza un replay del 14 dicembre. Senza tralasciare lo scontro sottotraccia ma sempre acceso tra l'ala dialogante (i ministri di "Liberamente" Alfano, Gelmini, Prestigiacomo, Carfagna) e la vecchia guardia berlusconiana (indebolita dalla guerra tra ex forzisti ed ex An).Il passato e il futuro del Pdl che però rischia di soccombere sotto il peso del suo complicato presente.

Fli indebolita dagli addii e dallo scontro tra falchi e colombe. Gianfranco Fini non se la passa certo meglio del premier. Alle prese con le divisioni interne ai futuristi dove l'ala delle colombe scalpita perché il partito intraprenda una sterzata più moderata e sconfessi i toni duri dei falchi. Ma ad agitare le acque in casa di Fli ci sono anche le fibrillazioni legate alle scelte presenti e future: l'accordo con Casini e Rutelli non convince tutti e molti temono che il nuovo asse sancisca un ruolo subalterno dei finiani all'interno del terzo polo. Per non dire delle alleanze possibili in chiave elettorale: solo a sentir parlare di accordi con il Pd, i più sono pronti a imboccare la porta e chiedono, vedi lettera inviata oggi al Corriere della sera, di non rinnegare i valori cattolici. Un messaggio a quanti nel partito si sono resi protagonisti di fughe in avanti sui temi etici. E a rendere ancor più negativo questo fine 2010 ci sono poi nuovi addii nelle amministrazioni: gli ultimi ieri tra Busto Arsizio e Castellanza, con tre assessori rientrati nelle file del Pdl. Dove aveva già fatto ritorno poco tempo fa anche Giampaolo Landi di Chiavenna, assessore meneghino alla Salute. In rotta con Fini per due motivi: la scelta di allearsi con il terzo polo e il verticismo prevalso nella nomina dei responsabili locali.

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Bersani e il terremoto dentro il Pd. Che dire poi del segretario? In casa dei democratici è ormai saltata la tregua interna che pure Bersani aveva chiesto in vista della direzione del partito in calendario per il 23 dicembre ma rinviata a gennaio. L'armistizio è saltato e i nodi sono venuti di nuovo al pettine. Ci sono gli ex popolari di Beppe Fioroni, il cui disagio è noto e i cui nomi finiscono ogni giorno nelle cronache dei possibili transfughi verso altri lidi (Pdl o terzo polo). L'ex ministro ha sempre negato ma il malessere c'è e non è affatto superato. Non lo è nemmeno quello di Walter Veltroni e dei suoi che non fanno mistero di non condividere la strategia dettata dal gruppo dirigente. Qualcuno poi, leggi Paolo Gentiloni, non esclude più nulla e c'è anche chi profetizza una imminente scissione dell'ala veltroniana. Per non dire dell'ultima rivolta capeggiata dall'ex ministro Arturo Parisi. Che ieri, insieme a un gruppo di prodiani, ha messo nero su bianco in una lettera al Corriere, il proprio disagio. Cui corrisponde la scelta di lasciarsi mani libere rispetto alle decisioni assunte dal partito e all'eventuale partecipazione alle riunioni della direzione. Senza dimenticare infine i "rottamatori" di Matteo Renzi e Beppe Civati, perennemente critici verso la linea del Pd, che certo non rendono facile la vita del segretario. Insomma la direzione di gennaio si annuncia assai movimentata.

Il duello Di Pietro-De Magistris agita l'Idv. Già il voto del 14 dicembre con ben tre ex dipietristi accorsi a salvare la scialuppa della maggioranza (Americo Porfidia, Antonio Razzi e Domenico Scilipoti) aveva aperto una pericolosa faglia nel partito di Antonio Di Pietro. Innescando, con l'uscita di Scilipoti, anche una dura querelle tra il capogruppo alla Camera Massimo Donadi e il medico siciliano, militante di lungo corso, che se ne va attaccando la gestione verticistica del partito e l'assenza di dibattito. Poi sotto l'albero di Natale arriva un altro sgradito regalo per l'ex pm: la lettera firmata dall'europarlamentare Luigi De Magistris, da Sonia Alfano e dal consigliere regionale Giulio Cavalli, in cui si solleva «la spinosa e scottante questione morale prima che la stessa travolga il partito». Di Pietro non la prende bene e replica dal suo blog accusando De Magistris di mirare unicamente alla leadership del partito. Il rapporto tra i due è pessimo sin dalla prima ora: Di Pietro mal digerisce il protagonismo di De Magistris e le sue aperture verso l'estrema sinistra. De Magistris mal tollera un partito personalistico che ruota tutto attorno al suo leader. Il quale non gradisce nemmeno il sondaggio lanciato da Micromega e dal suo direttore Paolo Flores D'Arcais che, almeno inizialmente, abbraccia in toto la linea di De Magistris&co e la richiesta di pulizia interna. Poi, però, l'esito cambia e Flores D'Arcais accusa l'ex pm di aver manipolato il sondaggio a suo favore spingendo i suoi a votare per "correggerlo". Replica al vetriolo di Di Pietro. «Caro Paolo, posso assicurarti che a Natale io preferisco il presepe. A te ricordo che l'accidia e la superbia portano all'inferno dei sentimenti. Buon anno».

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