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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2010 alle ore 11:27.
Il via libera del premier era arrivato qualche giorno fa. «È un accordo storico e positivo. Si tratta di una intesa innovativa e di un investimento importante per il paese». Poche parole pronunciate da Silvio Berlusconi per benedire l'intesa su Mirafiori siglata giovedì scorso da Fiat e sindacati , (leggi il testo dell'accordo) Ieri, poi, anche il leader della Lega Umberto Bossi ha elogiato l'accordo. «Se si sono accorti anche i sindacati - osserva il senatùr - vuol dire che qualcosa da cambiare c'era». Quanto alla chiusura della Fiom (che non ha sottoscritto l'intesa) il segretario del Carroccio taglia corto. «È d'accordo la Cgil. Io penso che qualcosa da cambiare c'era, d'altra parte la cosa più grave sarebbe che la Fiat vada all'estero perché fin quando sta qui possiamo trattare, e ora bisogna superare il momento difficile».
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La provocazione di Vendola
Se nella maggioranza si registrano solo giudizi positivi, l'accordo di Mirafiori crea invece parecchie fibrillazioni all'interno del Pd. Dove convivono anime diverse: gli ex diessini legati alla Cgil, ma anche gli ex popolari vicini soprattutto alla Cisl. Con Nichi Vendola, leader di Sel, che getta benzina sul fuoco sottolineando come il rigetto dell'accordo Fiat, definito «un atto di arroganza padronale», è «un punto dirimente per costruire una coalizione». Un sasso lanciato nello stagno democratico con l'obiettivo, nemmeno troppo velato, di provocare uno spostamento a sinistra del suo asse. E le repliche non si fanno attendere.
L'endorsement di Fassino
Chiarissimo è il sostegno dell'ex segretario dei Ds, Piero Fassino, torinese doc. «Se fossi un lavoratore della Fiat voterei sì all'accordo, tuttavia l'azienda deve avvertire la responsabilità di compiere atti per favorire un clima più disteso». Ma l'ex ministro getta anche uno sguardo oltre, al referendum su Mirafiori, per rimarcare che nel caso di un eventuale no all'intesa «quelli che pagherebbero sarebbero solo i lavoratori, perché l'azienda potrebbe trasferire la produzione negli Stati Uniti o altrove».