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Questo articolo è stato pubblicato il 12 gennaio 2011 alle ore 06:37.
Maroni non ha offeso il pm di Milano, Annamaria Fiorillo, di turno la notte in cui fu portata in questura Ruby, la ragazza marocchina poi rilasciata e affidata al consigliere regionale Nicole Minetti. Ieri così ha concluso la prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, presieduta da Guido Calvi, con la richiesta al plenum del Csm di archiviare il caso.
Il magistrato di Milano aveva accusato il titolare del Viminale di aver «calpestato la verità» quando ha riferito in Parlamento, tanto da aver «insultato tutte le persone oneste». Ora il pm Fiorillo insiste: «Penso sia molto utile per tutti noi magistrati non archiviare la mia pratica se non dopo una riflessione e un confronto, perché la mia vicenda ha un valore simbolico che riguarda - sottolinea - questioni più grandi e cioè il rispetto della magistratura e il ruolo dell'autorità giudiziaria nel nostro sistema». In una relazione di 13 pagine che ha inviato qualche tempo fa al Csm Fiorillo avverte del «pericolo che il silenzio copra una questione importante per il suo valore simbolico derivante dalla presenza, nel suo intreccio, di tutte le anomalie che caratterizzano il sistema italiano contemporaneo».
E parla di una «svalutazione dell'autorità giudiziaria» e di una «falsificazione sistemica» che ha contrassegnato la vicenda. Fatto sta che la prima commissione del Csm ha ritenuto che gli accertamenti richiesti da Fiorillo - il pm aveva evidenziato di non aver mai autorizzato l'affidamento di Ruby a Minetti, a differenza di quanto detto dal ministro dell'Interno - esulano dalla competenza del Csm. Tutti i componenti della commissione, poi, sono stati d'accordo nel ritenere che non ci sono nemmeno gli estremi per una pratica a tutela perché Maroni, sostengono, non ha offeso né messo in discussione la credibilità del pm di Milano: si è limitato a difendere i suoi uomini della polizia e a esprimere una posizione senz'altro diversa da quella del magistrato ma in toni rimasti sempre rispettosi.
Queste ragioni dovranno essere messe ora nero su bianco nelle motivazioni al provvedimento dal relatore, il togato del Movimento per la giustizia Roberto Rossi. E poi nuovamente votate, prima della trasmissione della proposta di delibera al plenum. (M. Lud.)