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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 15:13.
Silvio Berlusconi si difende dall'accusa di aver pagato alcune donne per ottenere in cambio prestazioni sessuali. «È una cosa che non mi è mai successa neanche una sola volta nella vita. È una cosa che considererei degradante per la mia dignità». In un videomessaggio ai promotori della libertà, anticipato da Studio Aperto, il premier torna ad attaccare i magistrati parlando ancora di persecuzione giudiziaria nei suoi confronti e rivela di avere «una relazione stabile con una donna» dopo l'addio alla seconda moglie Veronica Lario. «Da quando mi sono separato, ma non avrei mai voluto dirlo per non esporla mediaticamente, ho avuto uno stabile rapporto di affetto con una persona che ovviamente era assai spesso con me anche in quelle serate».
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Subito riforme, anche giustizia
Nel lungo messaggio ai sostenitori del Pdl il Cavaliere annuncia che «occorre fare immediatamente le riforme tra cui anche quella della giustizia». E batte poi sul tasto più volte usato negli ultimi giorni, che sia cioè vittima di un accanimento dei magistrati. «Alcuni noti pm della procura di Milano - dice dunque Berlusconi - hanno effettuato una gravissima intromissione nella mia vita privata, effettuando una inaccettabile schedatura dei miei ospiti nella casa di Arcore, con l'individuazione di tutti i loro numeri telefonici, hanno messo sotto controllo per diversi mesi i loro telefoni, hanno adottato un atteggiamento discriminatorio e umiliante nei confronti di persone che - sottolinea - non hanno alcuna responsabilità se non quella di essere state mie ospiti e di portarmi amicizia e affetto». Ancora una volta, accusa, «la giustizia è stata piegata a finalità di carattere politico, con una volontà chiaramente persecutoria nei miei confronti».
Ai pm non è piaciuto l'esito del voto di fiducia
La tesi del premier è che ai pm milanesi che lo indagano per concussione e prostituzione minorile non sia piaciuto l'esito del voto di fiducia del 14 dicembre e la sentenza della Consulta sul legittimo impedimento. «A questi pubblici ministeri non è evidentemente piaciuto il voto di fiducia del 14 dicembre tanto che, subito dopo, mi hanno iscritto nel registro degli indagati. A quegli stessi Pm non è piaciuta nemmeno la decisione della Corte Costituzionale al punto che, il giorno successivo alla sentenza della Consulta, con una tempistica perfetta, hanno reso pubbliche le loro indagini».