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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 08:10.
La storica vittoria dei sì al referendum di Mirafiori cancella le opposte propagande di questi giorni e onora i lavoratori della Fiat, tutti, quelli che si sono espressi a favore del piano Marchionne e quelli che lo hanno bocciato. Sottoposti a una pressione mediatica volgare, costretti da slogan senza criterio, "Se votate sì siete servi", "Se votate no siete comunisti", hanno deciso di testa loro, come chi conosce bene Torino, e i suoi operai e tecnici, non ha mai dubitato.
Come faranno ora gli estremisti del no a dire che gli operai non ci stanno, visto che la metà ha accettato la svolta dell'innovazione? O proveranno a dire che l'han fatto "sotto ricatto", offendendo chi ha compiuto una libera scelta? Dall'altra parte i pasdaran del sì, e anche in questo campo ci sono stati eccessi di albagia, devono prendere atto che le tute blu si son spaccate, e a salvare la giornata per i riformisti son venuti i colletti bianchi, gli impiegati. A guardare ancora più da vicino la fabbrica – come è obbligatorio sempre, per chi di lavoro si voglia occupare davvero – si vedrà come i no abbiano prevalso, più largamente, nelle sezioni dove le mansioni restano più pesanti.
L'accordo di Torino non è dunque una "vittoria della Fiat", un "successo personale di Marchionne", o il "debutto del giovane Elkann" come troppi dicono, applaudendo o fischiando. È la presa d'atto da parte della più grande fabbrica italiana, della capitale industriale del paese e della classe operaia più antica che, o si producono auto secondo lo standard mondiale di produzione di auto, o la produzione di auto si perde. Il resto son chiacchiere, il modello tedesco, i sogni meravigliosi di Olivetti, la Renault francese: se lo stesso Landini della Fiom andasse a guidare Mirafiori, presto dovrebbe fare i conti con Asia, America Latina, Europa e accettare le inesorabili regole globali.
Il successo chiama ora tutti a un grande senso di responsabilità, in un'Italia con un caos politico ancora aperto, un forte debito pubblico e nella crisi dell'euro che si stenta a governare. Marchionne ha, con una spallata, aperto la porta del presente. Ora occorre intraprendere un percorso che porti tutti, non solo la Fiat o Mirafiori, nel futuro. Ognuno dovrà fare la sua parte. Il governo, scuotendosi da una certa sonnecchiosa attesa. L'opposizione, mettendo da parte le faide, e ragionando sulle proposte di nuova rappresentanza.