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Il governo di unità nazionale tunisino si sfalda. S&P mette sotto osservazione il rating

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2011 alle ore 10:55.

Tunisia tra rischi di contagio e speranze di libertà

La Tunisia nel mirino di Standard & Poor's. L'agenzia ha messo sotto esame per un possibile abbassamento i rating sovrani «BBB/A-3» di lungo e breve termine in valuta estera del Paese e ha ridotto la valutazione di lungo termine in divisa locale a «BBB+» da «A-». La decisione - spiega una nota - è stata presa a fronte della situazione di grande incertezza e instabilità della Tunisia e del suo impatto sull'attività economica.

Perde subito pezzi il governo di unità nazionale del premier Mohammed Ghannouchi che traghetterà la Tunisia alle prossime elezioni mentre le strade di Tunisi e di altre città del paese sono ancora teatro di proteste e scontri. Sotto accusa le scelte del nuovo premier di dare comunque spazio a diversi esponenti dell'Rcd, il partito di del presidente destituito Ben Ali.

Le defezioni nel nuovo esecutivo
Il principale sindacato del paese, l'Unione per il Lavoro (Uggt), che contava tre uomini nel nuovo governo, ha ritirato i suoi tre ministri. Successivamente si sarebbe dimesso anche Mustafa Ben Jaafar, neo ministro della Salute, capo del Forum del Lavoro e Libertà, uno dei tre esponenti dell'opposizione mentre Al Jazeera ha smentito le voci riguardanti l'uscita della regista cinematografica Moufida Tatli.

Scontri a Tunisi
Poco prima la polizia aveva disperso nel centro di Tunisi un corteo con molti esponenti dei sindacati e con alla sua testa personaggio di spicco del movimento islamista Ennahdha, messo al bando dal vecchio regime: Sadok Chourou, 63 anni, scarcerato lo scorso ottobre dopo 20 anni. Mentre andava in scena la manifestazione, Ennahdha annunciava il boicottaggio delle prossime elezioni presidenziali. Nessun candidato a presidente ma partecipazione alle legislative, è la posizione del movimento islamista moderato. Migliaia di manifestanti si sono riversati per le strade di Tunisi e di altre città del paese prima delle dimissioni dei tre ministri per protestare contro la presenza nel governo ad interim di esponenti del partito dell'ex presidente. In più di una occasione la polizia ha disperso i manifestanti con lanci di lacrimogeni. In mattinata erano arrivate notizie di incidenti causati dalle milizie vicine a Ben Ali e sono stati uditi colpi d'arma da fuoco.

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Tags Correlati: Al Jazeera | Ben Alì | Comitato Esecutivo | Ennahdha | Europa | Europe | Europe 1 | Governo | Leila Ben Ali | Leila Trabelsi | Maurizio Belpietro | Mohammed Ghannouchi | Moufida Tatli | Mustafa Ben Jaafar | Rcd | Standard and Poor's | Tunisi | Tunisia

 

Ghannouchi intanto ha respinto le critiche al suo nuovo governo. Ha affermato che i ministri «hanno le mani pulite» e hanno «sempre agito nell'interesse del paese». Ha promesso che «tutti coloro» che hanno avuto un ruolo nella repressione della protesta popolare «ne risponderanno davanti alla giustizia». La lista dei ministri comprende rappresentanti della società civile e tre leader dei partiti di opposizione, due dei quali senza rappresentanza parlamentare. Non c'è spazio però per i partiti dichiarati illegali da Ben Ali.

Le denunce del neo premier: «La moglie di Ben Ali aveva il potere»
Intanto lo stesso Ghannouchi in un'intervista a "Europe 1 ha raccontato alcuni dettagli sul regime di Ben Ali. In particolare il neo premier spiega che era Leila Ben Ali, moglie dell'ex presidente tunisino fuggito dopo le violente proteste nel paese, a reggere le redini del potere. Per la prima volta emergono esplicitamente le colpe della famiglia di Leila Trabelsi, «che - secondo Ghannouchi - aveva messo a punto un sistema basato sulla corruzione». Il premier ha comunque garantito che «avranno un processo equo, se sono colpevoli dovranno rendere conto alla giustizia».

Secondo indiscrezioni circolate sulla stampa, Leila avrebbe lasciato venerdì il paese con 1,5 tonnellate di lingotti d'oro portando quindi in salvo il "tesoro" del presidente. Che la moglie di Ben Ali avesse in pugno la situazione l'aveva rivelato anche Wikileaks in uno dei suoi cablogrammi riportando le rivelazioni della vedova di Arafat all'ambasciatore Usa in Tunisia, Robert Godec.

Nell'intervista a "Europe 1" Ghannouchi ha anche detto che «chi ha provocato il "massacro" in Tunisia dovrà renderne conto alla giustizia». Relativamente al nuovo governo, il neo-premier ha sottolineato che «tutti i ministri che sono rimasti hanno le mani pulite e una grande competenza». Hanno sempre agito per preservare gli interessi nazionali».

Tornando alle violente proteste nel paese, Ghannouchi ha anche assicurato che «l'esercito non ha mai aperto il fuoco contro i manifestanti» e che «lo stato d'emergenza è stato annunciato poche ore prima la fuga del presidente ben Ali». «La mia prima direttiva alle forze dell'ordine è stata di non sparare in nessun modo contro la popolazione. Avevano solo il diritto di usare dei lacrimogeni, oppure proiettili di gomma».

Il premier ha anche confermato che il massimo dirigente del movimento islamico Ennahdha, Rached GHannouci, non rientrerà dall'esilio a Londra se non verrà prima approvata una legge sull'amnistia che cancelli la condanna all'ergastolo del 1991.

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