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Sul caso Ruby i pm insistono: il premier si sottoponga al rito immediato

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 08:09.

Il conto alla rovescia verso la richiesta di un processo-lampo per il premier Silvio Berlusconi è un meccanismo che ormai nessuno può fermare. Che il timer continui ad andare avanti lo lascia intendere nel pomeriggio di ieri il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Il capo dei pm parla delle due deposizioni di Nadia Macrì, la escort emiliana che ha raccontato ai magistrati di aver ricevuto cinquemila euro dal presidente del Consiglio in cambio di prestazioni sessuali e, soprattutto, di aver visto lo stesso Berlusconi consegnare una identica quantità di denaro all'allora minorenne Ruby.

Bruti Liberati si riferisce a quelle testimonianze e afferma: «Decideremo nei prossimi giorni se inserirle nella richiesta di processo con rito immediato per Silvio Berlusconi».
Parole importanti per capire quali siano gli umori dei magistrati dopo aver letto la cinquantina di pagine e la ventina di testimonianze che compongono la memoria difensiva di Berlusconi. L'incartamento è stato consegnato ieri in procura dai difensori del premier, Niccolò Ghedini e Piero Longo, e rappresenta l'esito delle investigazioni difensive svolte in base all'articolo 391-bis del codice di procedura penale, che assegna ai legali dell'indagato la possibilità di avviare indagini seguendo precisi criteri di oggettività. Con quelle testimonianze i difensori del premier tentano di ribaltare le prove che i magistrati di Milano, Ilda Boccassini, Pietro Forno e Antonio Sangermano, hanno raccolto nell'inchiesta che vede il presidente del Consiglio indagato per concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile.

Tra le testimonianze raccolte da Ghedini e Longo ci sono anche i racconti delle ragazze che hanno partecipato alle serate di Arcore: semplici cene per i difensori del premier, veri festini a base di acrobazie sessuali, invece, per i pm di Milano. Ma le testimonianze non si limitano a smentire l'accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile. Cercano di smontare anche l'altra ipotesi di reato avanzata dalla procura milanese: quella di concussione, che si sarebbe concretizzata nella confusa notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando Berlusconi fece rilasciare Ruby dalla questura di Milano raccontando che quella ragazza era la nipote del presidente egiziano Hosni Moubarak. Ora quelle testimonianze finiranno nel fascicolo che il gip Cristina Di Censo dovrà esaminare per decidere se per Berlusconi si debba spalancare un processo-lampo oppure no.

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Tags Correlati: Antonio Sangermano | Arcore | Cristina Di Censo | Hosni Moubarak | Ilda Boccassini | Nadia Macrì | Pietro Forno | Silvio Berlusconi |

 

Ma un punto per la difesa è arrivato sempre ieri dal secondo interrogatorio della ex cubista Nadia Macrì. Le sue prime dichiarazioni – venerdì scorso – non avevano convinto del tutto i magistrati, che avevano ordinato riscontri sui tabulati telefonici e sulle celle agganciate dal cellulare della 27enne emiliana per verificare se davvero fosse stata a Villa San Martino nella notte tra il 24 e il 25 aprile 2010 insieme a Ruby. Le indagini hanno smontato la versione di Nadia: la ragazza sarebbe stata davvero ad Arcore, ma solo intorno alla metà di maggio. Dunque, non ha mai potuto incontrare Ruby che ha invece partecipato alle feste di Berlusconi nel week end del 25 aprile e nel ponte del primo maggio.
È la stessa escort emiliana che in serata, in un'intervista a un giornale online, cambia pubblicamente versione e asserisce adesso di non aver mai visto Ruby ad Arcore, ma un'altra ragazza marocchina. Aggiungendo, anche, che i magistrati non la chiameranno più a testimoniare.

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