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Federalismo per decreto. Ecco le 315 ragioni per cui Bossi resta fedele al premier. Video

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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 07:38.

I 315 voti della Camera che ieri sera hanno detto «no» alle richieste della procura milanese dimostrano che la maggioranza berlusconiana resta compatta. E resta compatta su un terreno molto insidioso, ricco di risvolti politici e anche etici. Sono gli stessi voti (uno di più) che il 14 dicembre respinsero le mozioni di sfiducia.

Stop in commissione al federalismo, ma il Cdm approva (di Eugenio Bruno)

Berlusconi avanti, tensioni con il Colle (di Barbara Fiammeri)

Il Quirinale: è una forzatura incomprensibile (di Dino Pesole)

IL PUNTO VIDEO / Nonostante le difficoltà Berlusconi e Bossi vanno avanti (di StefanoFolli)

In teoria ne manca sempre uno per raggiungere la maggioranza assoluta di 316, ma il presidente del Consiglio ieri era assente. È vero peraltro che le opposizioni sono rimaste al di sotto della loro soglia massima e questo non depone a favore della loro capacità di mobilitazione. Come dire che, da un lato, la navigazione parlamentare del centrodestra resta difficile: le incognite verranno soprattutto nei giorni «tranquilli», quelli in cui cala la concentrazione e si disperdono le forze. Dall'altro lato, però, l'opposizione ha mostrato una volta di più la sua debolezza. Per cui si capisce la gioia del Pdl: non si è verificata alcuna defezione e Berlusconi ha mantenuto il pieno controllo dei suoi. Nella sintesi del premier, è stato respinto «l'attacco dei pm».

Quei 315 voti equivalgono ad altrettanti argomenti che giustificano la decisione di Umberto Bossi di restare accanto al suo alleato e amico Berlusconi. Non è una sorpresa, visto che per settimane e mesi tutti gli sforzi del Pd e del «terzo polo» volti a staccarlo da quell'abbraccio sono falliti. Ma nelle ultime ore il capo della Lega aveva oscillato, timoroso di veder naufragare in Parlamento il suo federalismo fiscale. E in effetti il pareggio (15 a 15) nella commissione bicamerale, pur non bloccando l'iter del progetto, aveva il sapore di una sconfitta politica. Così almeno l'hanno subito interpretato le opposizioni e – strano ma vero, considerando la veste istituzionale – anche il presidente della Camera.

In realtà Bossi aveva soprattutto bisogno di sentirsi rassicurato da Berlusconi, nonché di verificare i numeri della maggioranza. È stato accontentato. I voti, come abbiamo visto, ci sono. Quel che più conta ai suoi occhi, il Consiglio dei ministri, riunito in tutta fretta, ha approvato il decreto legislativo del federalismo municipale (destinato a essere controfirmato dal Quirinale). Lo ha approvato con tutte le varianti e gli emendamenti passati in commissione Bilancio e non recepiti dalla bicamerale.

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Stop in commissione, il governo approva

Dopo 86 giorni di vertici, faccia a faccia, trattative, rinvii, accordi, bozze e lodi la partita

Berlusconi avanti, tensioni col Colle

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IL PUNTO / Nonostante le difficoltà Berlusconi e Bossi vanno avanti (di Stefano Folli)

Tags Correlati: Berlusconi | Camera dei deputati | Consiglio dei Ministri | Federalismo | Governo | Lega | Pd | PDL | Umberto Bossi |

 

La procedura, bisogna ammetterlo, è alquanto sorprendente. Assomiglia a una forzatura. Un atto «scandaloso» lo definisce il Pd. Ma ormai è un braccio di ferro tutto politico e non si fanno sconti. Per cui Berlusconi può dire ai suoi ministri: «Andiamo avanti, non preoccupatevi: riusciremo a governare». E Bossi sventola di nuovo la sua bandiera: «La Lega mantiene le promesse, i comuni avranno le loro risorse economiche».

Sono dichiarazioni dal sapore elettorale. Molto simili nel tono a quelle con cui Berlusconi ha presentato l'altro giorno la sua «rivoluzione liberale» e un programma per la crescita economica che comprende la riforma dell'articolo 41 della Costituzione sulla libertà d'impresa. Più un manifesto per presentarsi al corpo elettorale che un coerente progetto riformatore.

La sensazione è che si voglia attendere l'altro decreto, quello sul fisco delle regioni, per decidere sulla fine della legislatura. Di sicuro, Berlusconi e Bossi hanno rafforzato il loro legame. E la linea di Maroni, più attenta alle ragioni dell'opposizione, almeno per ora esce sconfitta da questa fase convulsa e opaca della vita nazionale.

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