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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2011 alle ore 08:14.
Alla fine, dopo avere smentito più volte le voci che rimbalzavano nei corridoi del palazzo di giustizia di Milano, l'avvocato Massimo Dinoia ha deciso di abbandonare la tutela legale di Karima «Ruby» el Mahroug, coinvolta come persona offesa nell'inchiesta della procura di Milano su favoreggiamento della prostituzione minorile aperta nei confronti del premier Silvio Berlusconi, e che vede indagati Lele Mora, Emilio Fede e la consigliere regionale Nicole Minetti.
E sono così due nel giro di pochi mesi gli avvocati che hanno abbandonato la giovane marocchina al suo destino processuale. In prima battuta il caso era stato affidato a Luca Giuliante, che contestualmente difende Lele Mora insieme al legale veronese amico d'infanzia del broker dei divi, Nicola Avanzi. Giuliante aveva lasciato il passo a Dinoia, sembra, in conseguenza di alcune notizie di stampa, pubblicate a fine ottobre, che avevano anticipato l'iscrizione nel registro degli indagati di Lele Mora nell'ambito della medesima inchiesta. Di qui la previsione di una potenziale incompatibilità e la remissione dell'incarico.
Diverse le ragioni dell'abbandono di Dinoia. La motivazione, in questo caso, va ricercata nella presenza del suo nome in alcuni atti acquisiti nelle perquisizioni nell'abitazione di «Ruby» da parte della polizia giudiziaria. In particolare in un appunto scritto a mano dalla stessa Ruby nel quale lei stessa elencando alcune cifre in dare e in avere, citava una somma di 70mila euro che sarebbero stati «conservati» dallo stesso Dinoia. «Sono abituato a leggere il mio nome negli atti ufficiali. Far parte di atti acquisiti – ha commentato l'avvocato – mi disturba, non è il mio stile. Oltre a ciò ho preferito attendere qualche giorno – ha detto Dinoia al Sole-24 Ore – perché se avessi reso nota la mia decisione la scorsa settimana il mio gesto avrebbe potuto essere strumentalizzato».
Intanto sembra che, in procura, il rebus procedurale sulle tecnicalità di prosecuzione dell'inchiesta siano in fase di soluzione. L'ipotesi che si sta facendo strada tra i procuratori aggiunti Ilda Boccassini, Pietro Forno, il pm Antonio Sangermano e il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, sembra quella di acconsentire a una divaricazione tra i due reati oggetto dell'inchiesta a carico del presidente del Consiglio: la concussione e la prostituzione minorile. Per il primo (reato prevalente) si dovrebbe insistere sulla richiesta del rito immediato, mentre per il secondo vi sarebbe l'intenzione di tagliare la cima della «scialuppa» lasciando al Gip Cristina di Censo il compito di decidere la sede naturale del processo, che dovrebbe prendere avvio con un decreto di citazione diretta di fronte a un giudice monocratico. In questo caso la sorte del secondo troncone potrebbe essere segnata e il tribunale competente potrebbe essere quello di Monza. Se questa ipotesi dovesse realizzarsi lo scenario possibile potrebbe delineare tre distinti procedimenti penali. Il primo a Milano (concussione, possibile imputato il Cavaliere) con rito immediato. Il secondo a Monza (prostituzione minorile, sempre Berlusconi) davanti al giudice monocratico (l'ex pretore). Il terzo, a carico di Mora, Fede e Minetti, (favoreggiamento e induzione alla prostituzione minorile) ancora a Milano con rito ordinario (o abbreviato). La scelta dei pm potrebbe essere volta a disinnescare le eccezioni che gli avvocati della difesa potrebbero sollevare. In particolare la scivolosa questione della cosiddetta "connessione" tra reati, prevista dall'articolo 453 comma 2 del codice di procedura penale che recita: «Quando il reato per cui è richiesto il rito immediato risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò non pregiudichi gravemente le indagini».