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Fini: garantire certezza della pena e rieducazione dei condannati

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 16:27.

Garantire la certezza della pena e il corretto processo di rieducazione dei condannati. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, intervenendo al convegno di inaugurazione della mostra "Cesare Beccaria - La civiltà dei diritti", nella sala della Lupa di Montecitorio, lancia un monito sullo stato della giustizia e delle carceri italiane. Che ancora oggi, dopo oltre due secoli, non rispondono in pieno a quelli che erano i principi enunciati dall'autore di "Dei delitti e delle pene".

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Fini: carceri vecchie e sovraffollate
Per Gianfranco Fini «appartenere alla patria di Beccaria ci deve spingere a non perdere mai la consapevolezza che il livello di civiltà di un paese si misura anche dalla sua capacità di recuperare alla vita sociale chi, commettendo un reato, ha violato le regole fondamentali della convivenza civile». E oggi questo processo non viene attuato in maniera corretta. «Dobbiamo purtroppo rilevare – prosegue Fini - le difficoltà incontrate dal nostro paese nell'attuare questi principi fondamentali. I mali del settore, denunciati in primo luogo dai rappresentanti dell'amministrazione penitenziaria, sono principalmente il sovraffolamento e la vetustà degli edifici. La coabitazione forzata di numerose persone in ambienti spesso degradati non può certo favorire un processo di recupero dei detenuti alla vita civile, in adempimento dell'istanza rieducativa fissata dalla Costituzione all'articolo 27».

In mostra l'originale del trattato
Il presidente della Camera si sofferma poi a ricordare la battaglia per la moratoria sulla pena di morte. Una campagna che dimostra come «l'eredità di Beccaria non cessi di essere vitale e feconda anche nell'Italia e nell'Europa d'oggi». Proprio dalla constatazione dell'attualità del pensiero di Beccaria nasce l'idea di dedicargli una mostra nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia, realizzata dall'assocazione Metamorfosi in collaborazione con Montecitorio. L'esposizione ospiterà il patrimonio della Veneranda biblioteca ambrosiana. Un documento su tutti ne sarà il centro di interesse: il manoscritto originale del trattato "Dei delitti e delle pene", successivamente rielaborato numerose volte, a partire dall'edizione curata da Pietro Verri. Insieme a questo, saranno visibili edizioni in varie lingue straniere del trattato, gli scambi epistolari di Beccaria con la Francia e alcuni suoi effetti personali.

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Zagrebelsky: il ruolo dei giudici si dilata
Un'eredità celebrata anche da Gustavo Zagrebelsky che, in un messaggio inviato alla conferenza, ricorda come il pensiero di Beccaria si sia rivelato erroneo quando enunciava il cosiddetto "principio di legalità". «Le poche leggi chiare e semplici che il giudice avrebbe dovuto usare si sono rivelate un'utopia». Il numero delle leggi, infatti, tende a espandersi di continuo, rendendo necessario un processo di interpretazione sempre più complesso. «Le leggi aumentano e il ruolo del giudice, in questo contesto, si è dilatato, anziché annullarsi». Come aveva auspicato Beccaria.

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