Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2011 alle ore 15:14.
Gianfranco Fini parla all'assemblea costituente di Futuro e Libertà, ma dai padiglioni di Fieramilano si rivolge anche a governo e opposizione. Prima di tutto rimarca l'unicità nella direzione politica del partito («non ci sono distinzioni tra noi sulla nostra identità e nemmeno sulla linea da seguire») e chiarisce che d'ora in poi «si va oltre», nei gruppi dirigenti di Fli ci saranno anche coloro che non hanno mai avuto in tasca la tessera di An. L'assemblea lo elegge presidente ma lui annuncia l'autosospensione, perché non può essere contemporaneamente a capo di un partito e presidente della Camera dei deputati. Poi lancia la sfida al premier: «alcuni di coloro che hanno votato per Berlusconi lo hanno fatto anche a seguito dell'accordo politico che lui ed io facemmo nel 2008», lo stesso accordo - dice Fini - che ha condotto taluni a scegliere me come presidente della Camera». Allora, al premier la proposta è: dimettiamoci entrambi «per consentire agli italiani di sprimersi attraverso il voto». Voto che il presidente della Camera immagina tra un anno, nella prossima primavera, perchè prima - propone sia alla maggioranza che all'opposizione - occorre completare il federalismo attraverso la riforma del sistema parlamentare, introducendo cioè la Camera delle regioni e modificando, di conseguenza, la legge elettorale.
Davanti alla platea del congresso Gianfranco Fini chiarisce identità e mission di Fli. Siamo nati per «atto di coerenza rispetto al progetto del Pdl che avevamo contribuito a creare. La nostra non è stata la scissione di coloro che si erano pentiti di aver fondato il Pdl e che volevano tornare ad An». Piuttosto il «Popolo della libertà non era quel partito liberale, plurale, che si poneva dubbi e indicava delle strade». Insomma «l'unica via era non ammainare la bandiera che avevamo contribuito ad alzare, per questo abbiamo fondato Futuro e Libertà». Un modo per non rinnegare la storia del Pdl, ma prendere atto che quell'esperienza è fallita.
Quanto all'identità del nuovo soggetto politico, il presidente della Camera chiarisce che nel carattere del partito ci sono anzitutto: «rispetto delle istituzioni, un profondo senso dello Stato, la volontà di rendere viva la prima parte Costituzione». «Richiamare la sovranità popolare non può essere una scorciatoria plebiscitaria», dice Fini che sottolinea: «chi è eletto non è al di sopra della legge e coperto da assoluta impunità, non lo sarebbe nemmeno se fosse designato con il 99,9 per cento dei voti». Poi richiama al rispetto della tripartizione dei poteri, dell'autonomia del potere giudiziario da quello legislativo e dal potere esecutivo.
Ricorda, il leader Fli, il richiamo del presidente della Repubblica (cui poco prima la sala ha riservato un lungo applauso) e sottolinea che tra le forze politiche «c'è un atteggiamento che non può portare al raffredamento confronto». Perché «la politica non può attaccare frontalmente la magistratura con continue polemiche».
Quanto al Pdl - dice Fini - continua ad essere pesantemente condizionato dalla Lega. Il riferimento è in particolare alla festa del 17 marzo e «all'orgoglio di essere italiani». Poi ammette, come Cameron, il fallimento del multiculturalismo e rimarca il valore della legalità quale«precondizione assoluta per la democrazia». La legalità, dice è «qualcosa di più profondo della sicurezza. È un modo di comportarsi nei confronti dell'altro, di stare insieme e investe chi ha maggiori responsabilità». Per questo in quella che definisce «la crociata contro i magistrati» Fini vede rischi «di delegittimare le ragioni per le quali si sta insieme». La politica, indica il presidente della Camera «non può prescindere dal dovere di diventare pedagogia civile». E «l'etica civile è il doveroso atteggiamento che la politica deve avvertire», nel quale rientra il «dovere di insegnare ai nostri ragazzi», ai quali occorre «far trapelare un'immagine di società in cui il metro di valutazione del successo non sia soltanto il denaro». Insomma «non si può far balenare l'idea che nella società c'è sempre una scorciatoia per arrivare al successo». Sarebbe come «negare il Dna della società italiana, e corriamo un grande rischio se smontiamo tutto ciò». Questo riguarda ancheil modo con cui si dà l'impressione di giudicare la donna, solo in ragione dell'avvenenza».
Altro tema delicato: il rapporto con Casini e Rutelli. «Nessuno pensi di toglierci l'aria che respiriamo dicendo: siete alleati nella sinistra», avverte Fini. Che precisa: «siamo gli stessi di prima, con gli stessi valori. È il Pdl che sta rendendo ridicoli quei valori». Futuro e Libertà, rivendica «tiene alta la bandiera originaria del Pdl che doveva unire tutti i moderati e i riformatori». E il bipolarismo «in ogni parte d'Europa mette al margine le forze populiste, è un confronto tra poli moderati. Solo in Italia è diventato un confronto tra estremisti». Dunque: «il nuovo polo non è il Terzo Polo, è la casa comune per tutti coloro che non si trovano in un confronto tra - da una parte - Berlusconi e Bossi e - dall'altra - Di Pietro e Vendola». Quanto alle prossime amministrative, non sarà applicata in sede locale la logica nazionale, i candidati devono essere capaci di amministrare le loro città.
Ma «Berlusconi non si supera attendendo gli esiti dei processi, piuttosto agendo per via politica nella società e portando ciò che recepiamo in Parlamento». Fini chiede perciò ai suoi un maggior radicamento nel territorio, un collegamento più stretto con la società e per far questo, indica «serve un soggetto politico organizzato. Non facciamo gli stessi errori del passato, ci vuole una governance definita del partito». Non fa nomi, per la segreteria, come molti si aspettavano, ma definisce impensabile l'utilizzo del bilancino. E annuncia che in segreteria non ci sarà nessuno eletto in consigli regionali o in parlamento, «ci saranno solo donne e uomini che vogliono lavorare in questo progetto».
Da oggi in poi, indica, Fli sarà impegnato a definire l'Italia del 2020, per il rilancio di lavoro e economia, per la crescita, sulla via delle riforme (liberalizzazioni comprese), per l'innovazione e la modernità, per la riforma fiscale, del welfare, per la selezione per merito «nutrita da esempi». Ma nessuna rinuncia alla fase anticonformista «alla presunzione di mettere un po' di sale nella minestra». Obiettivo:«organizzare un movimento politico che raccoglierà l'enorme mare di delusi del Pdl cercando di aprire anche scenari nuovi».