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Questo articolo è stato pubblicato il 17 febbraio 2011 alle ore 16:22.
Se non è l'inizio di una eruzione poco ci manca. Perché la creatura di Gianfranco Fini rischia la deflagrazione e al Senato (guarda la gallery) la diaspora sembra non avere fine. Così, dopo l'addio del piemontese Giuseppe Menardi, anche l'ex tesoriere di An, Francesco Pontone, ha deciso di voltare le spalle a Fini e di tornare tra le braccia del Cavaliere. L'ufficialità ancora non c'è. Pontone avrebbe già informato della sua decisione il capogruppo di Fli al Senato, Pasquale Viespoli, ma i suoi compagni gli hanno chiesto di aspettare ancora qualche giorno prima di formalizzare l'uscita. Ma la rottura è ormai nei fatti e l'ex tesoriere, per la verità, l'avrebbe voluta da tempo dopo il suo coinvolgimento nell'affaire della casa di Montecarlo per la quale Pontone fu indagato con Fini per l'ipotesi di truffa legata alla cessione dell' immobile di Boulevard Princesse Charlotte dopo la denuncia di due esponenti del movimento di Francesco Storace.
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I mal di pancia di Baldassarri e Saia
Ma anche tra chi, per il momento, è rimasto dentro le quattro mura futuriste, non mancano le tensioni. Così il presidente della commissione Finanze al Senato, Mario Baldassarri, fa outing sul proprio malessere, tutto racchiuso in quel «sono in profonda riflessione» consegnato ai cronisti a Palazzo Madama. E anche Maurizio Saia, altro senatore finiano, confessa il suo disappunto accusando Fini di aver abbandonato il gruppo al Senato. «Lasciare? Sto valutando la situazione», taglia corto. Per non dire poi dello scontento ammesso mercoledì da Barbara Contini, l'ex governatrice di Nassirya. «Se Fini voleva mettere delle determinate persone all'interno del partito ce lo doveva dire prima - osserva la senatrice -. Invece all'assemblea prima ha fatto un discorso alto, da statista e poi ha trasformato l'assise in un congresso e il partito si è spaccato. Tutto era stato deciso prima, siamo stati presi in giro».