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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 14:09.
Sfida il premier sul terreno della giustizia aprendo all'immunità parlamentare, una delle armi che la maggioranza è pronta a rispolverare per offrire al premier uno scudo dai processi. E prova a minimizzare le perdite che stanno scuotendo le fondamenta di Futuro e Libertà, la sua creatura. Così, dalle colonne dell'Espresso, in una lunga intervista, Gianfranco Fini, prova a uscire dall'angolo e lancia un chiaro messaggio a Silvio Berlusconi. «Non ci sarebbe nulla di eretico a discutere di immunità parlamentare - avverte il presidente della Camera - i padri costituenti l'avevano prevista, in assemblee come il Parlamento europeo ci sono prerogative analoghe. Ma oggi in Italia parlare di ritorno all'immunità significa garantire l'impunità. Non è così? E allora sfido il Pdl: prevediamo per l'autorizzazione a procedere una maggioranza qualificata, i due terzi dei votanti della Camera».
L'intervista di Fini ad Annozero: essere eletti non vuol dire essere al di sopra della legge
Berlusconi va battuto con le elezioni
Insomma, Fini vuole spingere la maggioranza a scoprire le sue carte fino in fondo, ma si fa poche illusioni. «So già che anche questa elementare proposta sarà considerata una provocazione». Il leader di Fli è infatti convinto che «il Pdl è solo alla ricerca di una corazza per Berlusconi contro i giudici». Ma su questo versante è molto chiaro. Riconosce che il premier «va sconfitto politicamente, con le elezioni, non è saggio né giusto auspicare che Berlusconi possa essere costretto a rassegnare le dimissioni per via giudiziaria». Nel tentativo, evidentemente, di rassicurare l'elettorato più moderato del centro-destra, ma aggiunge anche Berlusconi deve difendersi in aula. «Se quella telefonata c'è stata, ci sarebbe un uso privato di incarico pubblico - prosegue Fini accennando alla chiamata che il premier avrebbe fatto alla questura di Milano per ottenere l'affidamento di Ruby a Nicole Minetti -. Nulla da aggiungere oggi, se non che sottoscrivo in pieno quanto ha detto il capo dello stato: l'imputato ha diritto di difendersi nel processo, non dal processo».