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Sanzioni Onu alla Libia, a Bengasi nasce il Consiglio nazionale transitorio - Mappa delle proteste

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 14:54.

L'opposizione al regime di Gheddafi nell'est della Libia ha affermato oggi, da Bengasi, di aver formato un Consiglio nazionale libico precisando che non si stratta di un governo ad interime e descrivendolo come espressione della rivoluzione. Il figlio del colonnello Saif al-Islam Gheddafi ha intanto negato l'esistenza all'estero di un tesoro segreto di famiglia da miliardi di dollari. «Prima di tutto non abbiamo soldi all'estero», ha detto in una intervista all'Abc. «Siamo una famiglia molto modesta e tutti lo sanno. E abbiamo riso quando abbiamo sentito dire che abbiamo soldi in Europa, in Svizzera, o da qualche altra parte. Abbiamo pensato ad uno scherzo», ha aggiunto.

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Ma Gheddafi non ha molto da ridere, e per molti motivi. A cominciare dal fatto che Hillary Clinton, sgretario di Stato americano, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono «pronti ad aiutare» gli oppositori e vogliono «innanzi tutto vedere la fine del regime ed evitare un nuovo bagno di sangue». Per continuare con la risoluzione Onu sulle sanzioni, che comunque, secondo il Colonnello «non ha alcun valore», come ha dichiarato in un'intervista all'emittente tv serba Pink. Ma non tutti la pensano così. «Stiamo seguendo con attenzione la situazione, anche alla luce della recente risoluzione delle Nazioni Unite». Così un portavoce di Unicredit, interpellato dall'Ansa, dopo che il governo Usa ha congelato i beni della famiglia Gheddafi alla luce del contenuto della risoluzione dell'Onu sulla Libia. L'istituto di Piazza Cordusio, che è partecipata dalla banca centrale libica e dal fondo Lia (nel complesso azionisti con circa il 7,5%), starebbe quindi alla finestra in attesa di eventuali interventi del governo italiano analoghi a quelli degli Stati Uniti. L'esecutivo potrebbe infatti in teoria congelare le partecipazioni, non solo in Unicredit ma anche in altri grandi gruppi italiani, che fanno capo al governo del Paese nordafricano.

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Le sanzioni delle Nazioni Unite
Sanzioni punitive e deferimento al Tribunale Penale Internazionale: l'Onu ha deciso all'unanimità le misure contro Muammar Gheddafi e i suoi accoliti e stabilito il blocco di tutti i loro beni all'estero, il divieto di viaggio e l'embargo di vendita di armi. Un voto unanime arrivato nella notte per chiedere la fine immediata degli attacchi sui civili e per deferire il regime al Tpi: il Consiglio ha detto esplicitamente infatti che «gli attacchi diffusi e sistematici contro la popolazione civile costituiscono crimini contro l'umanità».

L'ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, Susan Rice, ha detto che le misure contro Muammar Gheddafi e altre 15 persone (familiari e membri del suo ristrettissimo entourage) sono «aggressive» e ha aggiunto che tutti coloro che hanno commesso crimini saranno chiamati a risponderne. Per gli Stati Uniti, si tratta di una «prima volta» assoluta: Washington non è tra i paesi membri del Tpi, un organismo creato nel 2005 per sanzionare i crimini contro l'umanità a cui Washington ha sempre guardato con sospetto; e i diplomatici statunitensi si erano astenuti quando il Sudan era stato deferito al Tribunale per i crimini commessi in Darfur. Non solo: anche Cina e Russia hanno appoggiato la risoluzione, anche se tradizionalmente le due potenze si oppongono ad azioni di sanzione contro singoli Paesi.

Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu, ritiene che la risoluzione adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu sia un passo vitale per la fine della repressione: «Invia il fermo messaggio - ha detto - che le violazioni dei diritti umani non saranno tollerate e che i responsabili dovranno rispondere di questi gravi crimini dinanzi alla giustizia».

Merkel prende posizione
E dopo il presidente americano Barack Obama, anche il cancelliere tedesco Angela Merkel ha invitato il leader libico Muammar Gheddafi a lasciare la guida del Paese. «È tempo che lasci - ha affermato Merkel in un comunicato, in cui ha accolto con favore «la decisione unanime del Consiglio di sicurezza dell'Onu» di imporre sanzioni al regime libico. «È un segnale forte per Gheddafi e gli altri despoti sul fatto che le violazioni dei diritti umani non saranno ignorati», ha sottolineato il cancelliere.

Nella nota si legge inoltre che Merkel ha convenuto con il presidente Obama, con cui ha avuto sabato un colloquio telefonico, sul fatto che «il colonnello Gheddafi ha perso ogni legittimità» come leader libico. Ieri, Obama ha invitato il leader libico ad «andare via subito».

Frattini: siamo a un punto di non ritorno
A queste posizioni autorevoli si è uniformata anche la posizione dell'Italia. «Siamo arrivati a un punto di non ritorno, è inevitabile che questo accada», ha dichiarato a SkyTg24 il ministro degli esteri, Franco Frattini rispondendo a una domanda sul futuro di Gheddafi. L'istituzione di una no fly zone sulla Libia «è un'opzione molto importante», uno «strumento fondamentale» per «evitare rappresaglie con bombardamenti aerei o con bombardamenti di elicotteri. È un'opzione che porta a un'escalation vera e propria di un intervento anche armato di forza in Libia, ecco perché occorre ancora uno spazio di riflessione».

Intanto in Libia «rimangono veramente pochi italiani e con il ministero della Difesa stiamo effettuando nuovi tentativi per riportarli a casa. Siamo già a 1400 rientrati in Italia, su 1480» ha dichiarato Frattini, precisando che ci sono «alcuni che non hanno chiesto di rientrare».

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