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Berlusconi attacca lo staff del Quirinale «troppo puntiglioso» - Rinviato il processo Mediaset

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 febbraio 2011 alle ore 13:31.

Si lamenta, come aveva già fatto nei giorni scorsi, per i troppi freni che ostacolano l'attività legislativa e l'operato del governo. Ma questa volta Silvio Berlusconi non lancia un affondo solo contro i soliti giudici e la Consulta, ma alza il tiro e muove una critica anche al capo dello Stato, Giorgio Napolitano. «Quando il governo decide di fare una legge, questa prima deve passare da Quirinale», ragiona il premier intervenendo a un convegno della Confcommercio, e deve passare il vaglio «di tutto l'enorme staff» che circonda il capo dello stato e che «interviene puntigliosamente su tutto». Non è però l'unica frecciatina rivolta al Colle. Perché, poco dopo, il Cavaliere torna ancora sul presidente della Repubblica. «Se al capo dello stato e al suo staff non piace una legge, torna indietro alla Camera e al Senato».

Presto una riforma costituzionale, in Parlamento lavorano solo 50-60
Insomma, il premier coglie al volo l'occasione per levarsi qualche sassolino dalla scarpa e attacca Napolitano che può bloccare, lamenta, l'approvazione di una legge. «Al pari - aggiunge ancora Berlusconi - dei giudici di sinistra, ai quali se la legge non va la impugnano e poi la Corte costituzionale la abroga». Dunque, di fronte a un simile scenario, argomenta il Cavaliere, occorre una riforma delle istituzioni, «che non siamo riusciti a fare perché mai é stato trovato l'accordo nemmeno all'interno della maggioranza», per avere «un sistema più positivo e dinamico». Dopo questa riforma dell'iter di approvazione delle leggi, prosegue il presidente del Consiglio, «bisogna poi ridurre della metà il numero dei parlamentari. In Parlamento lavorano solo 50 o 60, gli altri si fanno dare le indicazioni dai capogruppo. Penso che gli italiani siano tutti favorevoli a questo, anche se sarà difficile far approvare questa riforma proprio dai parlamentari». Quanto alla riforma della giustizia il premier ha confessato di essere «disperato». «Sono disperato - spiega Berlusconi - adesso la riforma del processo breve é stata stoppata alla Camera. Siccome ci sono 103 procedimenti avviati su di me la

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La rivelazione del premier: non ho più il telefonino
Ad ogni modo, chiarisce Berlusconi, «manderemo prestissimo in Parlamento riforma delle intercettazioni». Già stamane, intervenendo alla presentazione dello sportello Pdl per gli italiani a palazzo Reale, a Milano, il premier si era soffermato a lungo sul tema. «Dovete sapere che il presidente del consiglio non ha alcun tipo di telefonino perché è esposto a qualsiasi tipo di intercettazione». Tutti, aveva quindi aggiunto Berlusconi, «sono ormai convinti che è una questione di libertà il fatto di non poter parlare liberamente al telefono. Per questo io sono tornato indietro e non uso più il telefonino». Il premier ha quindi ribadito che «governo e presidente del Consiglio non hanno alcun potere, e se poi propongono una legge questa viene modificata nel corso di tutti i passaggi in Parlamento, se non addirittura fermata». È il caso, spiega, della legge sulle intercettazioni: una legge «necessaria» perchè l'uso che in Italia si fa delle intercettazioni «non è da Paese civile». E invece «una legge che tutti gli italiani aspettano - sottolinea - è ancora ferma in Parlamento».

La legge sul processo breve va fatta
Berlusconi ha poi continuato a parlare di giustizia, sottolineando come «accorciare i tempi dei processi sia una cosa giusta, ma se la propone Silvio Berlusconi non è più una legge giusta». Il premier ricorda i tempi «assolutamente impossibili della giustizia civile», per non parlare di quelli della giustizia penale, «procedimenti che ci impiegano 14-16 anni». Del resto, aggiunge, anche l'Europa «ci ha sollecitato a intervenire sui tempi giusti». Ebbene, si rammarica il premier, è necessaria una durata minore dei processi, «ma il fatto che ne avrei qualche beneficio anch'io, che sono l'unico e insuperabile indagato della storia dell'umanità, di tutti i tempi, fa sì che non vogliano questa legge anche se è giusta».

Il premier è poi tornato a puntare il dito contro il presidente della Camera Gianfranco Fini e contro i giudici. «C'era un patto di Fini con i magistrati e l'Anm, e tutte le cose che non andavano bene ai magistrati venivano stoppate», ha detto. Ci sono «i giudici che dicono la loro e altre autorità che intervengono anche se non dovrebbero farlo».

Sondaggi: Pdl al 30,6%. Fli, all'1,3%
Il premier ha parlato anche di politica. «Il Pdl, da quando è nato, è il primo partito italiano», ha detto e «i nostri ci danno al 30,6%», ammettendo comunque che «con la diaspora di Fini abbiamo perso qualcosa». Non si tratta però tanto di chi è andato con Fini quanto alla crescita «dell'area degli indecisi». Ma ha subito aggiunto: «Ove il Terzo polo persistesse nella volontà di essere alleato con la sinistra i sondaggi ci danno un risultato del Terzo polo inferiore al 10% e Fli all'1,3% per cento».

L'ecologismo della sinistra ha stoppato il nucleare
Silvio Berlusconi ha criticato anche «l'ecologismo di sinistra che intervenne e fece chiudere il cantiere avanzato della prima centrale nucleare» in Italia. Il premier ha nuovamente ricordato l'esempio della Francia che, sul nucleare ha «adottato la strada opposta» costruendo centrali «considerate iper-sicure». «Oggi, rispetto alla Francia - ha osservato - noi paghiamo l'energia elettrica esattamente il 48,2% in più». Stoccata infine anche alla lentezza e «l'inefficienza» che a volte caratterizza la pubblica amministrazione italiana: «la pubblica amministrazione costa 4.300 euro a cittadino» ed è a volte «un'amministrazione pletorica e inefficiente che, molto spesso si trasforma in opposizione burocratica».

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