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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 09:18.
L'ultima modifica è del 01 marzo 2011 alle ore 09:18.
L'ennesima tragedia italiana in Afghanistan riapre la questione della guerra contro i talebani. Come sta andando a Kabul, a quasi dieci anni dall'invasione? Il presidente Barack Obama ha definito «necessaria» la guerra in Afghanistan, ha triplicato il numero dei soldati americani, ha sostituito due generali e dopo molti mesi di studio ha cambiato anche strategia militare, adottando il "surge" del generale David Petraeus che in Iraq aveva permesso a George W. Bush di ribaltare la situazione.
Petraeus, chiamato da Obama a ripetere in Afghanistan il miracolo iracheno, ha spiegato di recente che la missione non è ancora compiuta, nonostante i buoni progressi. La Nato ha rinviato la data del disimpegno al 2014, inizialmente prevista per luglio di quest'anno. Gli studiosi del più importante centro studi di sicurezza nazionale dell'era Obama, il Center for a New American Security di Washington, sono più ottimisti: Nathaniel Fick e John Nagl hanno scritto sul New York Times che la cosiddetta "guerra lunga" potrebbe essere più breve del previsto. Secondo i due analisti, ex ufficiali con esperienza militare irachena, in Afghanistan la situazione migliora di giorno in giorno, specie ora che i 30mila uomini promessi da Obama sono arrivati a destinazione ed eseguono gli ordini di Petraeus. Il capo del Pentagono Bob Gates ha annunciato all'Accademia di West Point che nel XXI secolo non ci saranno più guerre come quelle in Iraq e in Afghanistan.
L'analisi più interessante sulla situazione afghana è quella del settantenne Bing West, il leggendario ex ufficiale dei marines ed ex vice segretario al Pentagono negli anni di Reagan che col tempo è diventato uno dei migliori reporter di guerra e tra i più lucidi analisti militari degli Stati Uniti. Negli anni scorsi, West ha scritto No True Glory, la formidabile e cruenta storia della presa di Falluja, e The strongest tribe, la cronaca del successo in Iraq ottenuto grazie alla decisione delle tribù sunnite di schierarsi con "la tribù più forte", ovvero con gli americani. Il nuovo libro di West, appena uscito in America, dice già tutto fin dal titolo The wrong war, la guerra sbagliata. Scritto da uno come West, e non da un pacifista, il giudizio è di quelli che pesano.