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Questo articolo è stato pubblicato il 01 marzo 2011 alle ore 08:09.
di Carlo Marroni
Il governo italiano sta studiando in tempi molto stretti come mettere "in sicurezza" le partecipazioni dello stato libico in Italia da rischi di manovre finanziarie fraudolente da parte del regime di Gheddafi, ormai dichiaratamente nemico di Roma. A breve dovrebbe riunirsi il Comitato sulla sicurezza finanziaria per decidere se oltre al congelamento dei fondi che fanno capo alla famiglia del leader e dei suoi prestanome (come deciso dall'Onu) si deliberi anche su forme di tutela pro-tempore – compreso il "freezing" – delle altre partecipazioni in Italia che fanno capo a enti statali per evitare che possano essere liquidati da membri del regime.
Le bombe di Gheddafi sugli arsenali della Cirenaica (dall'inviato Roberto Bongiorni)
Breve atlante ragionato delle rivolte tra Nordafrica e Medio oriente (di Guido De Franceschi)
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha annunciato che avrebbe chiamato il collega dell'Economia Giulio Tremonti, da cui il comitato dipende direttamente, e di cui fanno parte Esteri, Interni, Giustizia, Bankitalia, Consob, Isvap, Carabinieri, GdF, Dia, Dna e Uif. In ballo ci sono le partecipazioni in UniCredit (7,5% tra Banca Centrale e Lia, il fondo sovrano), Eni (oltre l'1%), Finmeccanica (2%) e altre minori, come Juventus e Olcese, e forse anche un pacchetto di Fiat. In tutto poco meno di quattro miliardi di euro, su cui avevano potere di firma uomini fedelissimi del Colonnello, come il governatore Omar Farhat Bengdara (che non risulterebbe essere più a Tripoli e avrebbe sposato la causa della rivolta) e Muhammad Layas, presidente Lia, che invece ieri è stato visto nella sede a Tripoli, nella El Fateh Tower. «No comment» sul possibile congelamento da parte del ministro dell'Economia che si è limitato a osservare che «la cifra dei cambiamenti in atto nel Mediterraneo non è ancora chiara».
Accanto all'iniziativa sulle partecipazioni – assunta dagli Usa e dalla Gran Bretagna e che potrebbe allargarsi presto ad altri paesi Ue – Frattini ha rilanciato la proposta, già avanzata dal collega tedesco Guido Westerwelle, di una moratoria dei pagamenti verso la Libia per tagliare in modo efficace il flusso di denaro al regime. Il capo della diplomazia italiana – che a Ginevra si è riunito con i colleghi di Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti – ha spiegato che nel vertice è stata esplorata la possibilità di arrestare il flusso di divise estere verso il regime libico e che la questione verrà affrontata anche in un tavolo tecnico.