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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2011 alle ore 16:34.

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Una donna giapponese in un market a Tokio (Ap)Una donna giapponese in un market a Tokio (Ap)

Quali precauzioni dovrebbero adottare i nostri connazionali presenti in Giappone? Come comportarsi se si è già programmato un viaggio in terra nipponica per le prossime settimane? Abbiamo girato le domande a due esperti, che in linea di massima propendono per soluzioni di buon senso, escludendo, al momento, situazioni da allarme rosso.

«I primi due reattori sfuggiti al controllo sembrano ormai fuori pericolo, mentre la minaccia persiste per il terzo», premette Matteo Guerrini, ricercatore del Cnr che si trova a Tokyo. «Personalmente, e lo stesso consiglio a tutti coloro che sono con me nel paese, mi limito a uscire di casa il meno possibile. Nelle ultime ore mi sono approvvigionato di cibo fresco, in modo da avere scorte nel caso in cui la situazione restasse complicata anche nei prossimi giorni». Una posizione, spiega il biologo, che non è conseguente alle raccomandazioni delle autorità locali. «Il governo giapponese non ha sollevato questo problema: l'ho fatto principalmente per precauzione. Ricordo che, all'indomani di Cernobyl, la mia famiglia a Milano aveva fatto la medesima scelta». Quanto al rischio di contaminazione per gli alimenti, l'acqua e il terreno, Guerrini non vede pericoli, almeno nell'immediato: «L'acqua che in queste ore viene utilizzata per raffreddare le centrali è a fine ciclo, in quanto parte dal mare e passa per i fiumi, sfociando nel mare, da cui viene prelevata dai tecnici. Quindi non c'è un rischio di contaminazione per l'acqua del rubinetto, che resta potabile».

La situazione potrebbero, però, mutare nelle prossime settimane: «Le barre di uranio sono caldissime, per cui inevitabilmente l'acqua adoperata per raffreddarle evapora. Attualmente il vento spira verso Est per cui la nube radioattiva si sta spingendo verso l'Oceano Pacifico: si vi sarà una precipitazione in mare aperto nel medio periodo, la radioattività verrà diluita senza particolari problemi». Nel caso piovesse nelle città, invece, non resta che barricarsi in casa. «Qui a Tokyo», prosegue il ricercatore, «non vedo particolari problemi, ma l'emergenza potrebbe presentarsi nelle città del nord, dove ci sono decine di migliaia di persone rimaste senza tetto. In questo senso, è fondamentale trovare una sistemazione per tutti in tempi brevi». Per ora, intanto, l'ambasciata italiana non ha chiesto ai nostri concittadini di rientrare, a differenza di quanto disposto dalle ambasciate di Francia e Germania. «Ascoltiamo i consigli delle autorità, ma cerchiamo anche di farci una nostra idea consultando altre fonti», conclude Guerrini. Quanto ai nostri connazionali che avevano già programmato un viaggio in Giappone nei prossimi giorni, il consiglio «è di rimandarli, in attesa che la situazione si stabilizzi. Le scosse continuano e i trasporti, così come le reti elettriche sono paralizzati in molte città, con esclusione della zona Ovest del paese».

«Quando ci sono fughe radioattive, i pericoli maggiori si riscontrano nell'immediatezza dell'evento, ma dopo qualche giorno il rischio di contaminazione si riduce», spiega Carlo Lavecchia, responsabile del dipartimento di Epidemiologia dell'Istituto di Ricerca Mario Negri. «La mente di tutti è rivolta a quello che accadde a Cernobyl, ma in quell'occasione ci fu una catena di errori durante l'intervento immediatamente successivo alla fuga radioattiva, mentre in quest'occasione i tecnici sono intervenuti prontamente». Intanto molti paesi asiatici (come Hong Kong, Malaysia, Filippine, Singapore e Taiwan), che in queste ore stanno passando al setaccio i prodotti alimentari importati dal Giappone per verificare che non siano stati contaminati dalle radiazioni nucleari. In particolare vengono monitorati i prodotti freschi, latticini, frutta e verdura, ma anche il pesce crudo, prodotto base per sushi e sashimi.

«La prudenza in queste situazioni è d'obbligo», sostiene Lavecchia, «ma un eccessivo allarmismo può fare danni maggiori dell'incidente stesso». Mentre, nel medio termine, l'esperto vede rischi per il paese nipponico «soprattutto sul fronte degli approvvigionamenti energetici. In un paese che ottiene dal nucleare il 35% della sua energia, un blocco prolungato degli impianti rischia di mettere in ginocchio i trasporti e le attività economiche. Soprattutto se si considera la situazione geografica di isolamento del Giappone».

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