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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2011 alle ore 08:20.
L'ultima modifica è del 16 marzo 2011 alle ore 06:39.

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BerlusconiBerlusconi

di Barbara Fiammeri
Silvio Berlusconi, per evitare nuove e pericolose sorprese, ha deciso di accelerare i tempi del rimpasto. Il premier, già scosso dalla minaccia di mettersi in proprio del suo ex ministro Scajola, dalle dimissioni annunciate ieri da Carlo Giovanardi e dal nervosismo crescente della pattuglia dei responsabili e dei sudisti di Gianfranco Miccichè, ha preannunciato che oggi salirà al Quirinale per comunicare al capo dello Stato i nuovi ingressi nell'esecutivo.

Primo fra tutti quello dell'ex Udc Saverio Romano, tra i leader del gruppo dei responsabili, che sarà promosso ministro dell'Agricoltura, sostituendo così Giancarlo Galan che andrà al posto di Sandro Bondi ai Beni culturali mentre per la poltrona di ministro delle politiche comunitarie, lasciata vacante dal finiano Andrea Ronchi, tra i candidati ci sarebbe Paolo Bonaiuti, attuale portavoce del premier. Una nomina quest'ultima data però ancora in forse poiché Berlusconi vuole tenersi il più possibile le mani libere per fronteggiare nuove emergenze. Così come quelle dei viceministri e dei sottosegretari che arriveranno in un secondo momento.
La promozione di Romano non sarà infatti una panacea. Anzi, rischia di aumentare gli appetiti degli altri plotoncini che compongono il gruppo dei responsabili (come gli ex finiani) e che per ora restano fuori dal giro di nomine. C'è chi legge come un segnale preoccupante la sconfitta ieri del governo su un emendamento del Pd al provvedimento sulla remissione tacita della querela. Inoltre non va sottovalutato che il via libera della Lega a Romano imporrà molto probabilmente una contropartita.

Ma le grane più ostiche per Berlusconi sono quelle che arrivano dai suoi. L'incontro ieri con Claudio Scajola si è concluso dopo meno di un'ora con un nulla di fatto. L'ex ministro dello Sviluppo, che nei giorni scorsi aveva minacciato la formazione di un gruppo autonomo con alcune decine di deputati per stigmatizzare il disagio degli ex Fi all'interno del Pdl soprattutto in rapporto agli ex An, ha ribadito la sua posizione. Scajola non punta a rientrare nel governo, da cui si dimise dopo lo scandalo della casa al Colosseo per la quale peraltro non ha procedimenti giudiziari a carico. L'ipotesi di prendere il posto del finiano Ronchi alle Politiche comunitarie è stata respinta al mittente. E così anche la proposta di diventare responsabile enti locali del Pdl. Scajola vuole tornare a contare, a pesare nel partito e fuori. A Berlusconi ha manifestato la preoccupazione-delusione di quella parte del Pdl che viene da Fi e che si sente penalizzata, soprattutto nel rapporto con gli ex An. In ballo ci sono le candidature alle amministrative ma anche le nomine nelle società pubbliche sulle quali in passato da ministro avrebbe avuto voce in capitolo. Il premier però non sembra propenso a fare sgarbi a chi oggi ricopre nel Pdl ruoli di vertice, rischiando così di aprire nuove crepe.

È probabile che all'inizio della prossima settimana, se non durante il weekend ci sarà un nuovo vis à vis. Nessuno crede in una scissione degli scajoliani (si parla di una trentina di deputati) ma la minaccia non può neppure essere sottovalutata. Anche perché parallelamente deve fare i conti con un altro suo fedelissmo, il sottosegretario alla presidenza Gianfranco Miccichè, oggi leader di Forza Sud, che vuole a tutti i costi il ripristino degli incentivi per le energie rinnovabili, pena l'uscita dalla maggioranza. Ieri al vertice serale di Palazzo Grazioli c'era infatti anche Miccichè, assieme ad altri esponenti di formazioni meridionali come Adriana Poli Bortone. L'idea è di presentare alle prossime amministrative una sorta di Lega del Sud federata al Pdl. Un'ipotesi che piace al Cavaliere anche in chiave anti-terzoPolo.

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