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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2011 alle ore 09:25.

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L'ultimatum è partito poco dopo le otto di ieri sera dall'Eliseo. Destinatario il colonnello Gheddafi. «La Francia, con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e i paesi arabi - dice il messaggio inviato a Tripoli - ritengono che un cessate il fuoco debba essere messo in atto immediatamente. Questo significa che tutti gli attacchi contro i civili devono finire». La decisione di inviare questa durissima nota è arrivata dopo l'annuncio da parte del regime libico, per bocca del ministro degli Esteri Moussa Koussa, dell'entrata in vigore immediata di un cessate il fuoco con l'interruzione di tutte le operazioni militari in corso.

Il comandante delle forze militari di opposizione, Khalifa Heftir, da Bengasi ha parlato di un bluff da parte del colonnello. E un portavoce degli insorti ha segnalato la prosecuzione dei bombardamenti su Misurata e Ajdabiya. Il regime libico ha smentito, invitando Turchia, Cina e Malta a inviare degli osservatori.

Il segretario di stato americano Hillary Clinton ha commentato così: «Non ci lasceremo impressionare dalle parole. Vogliamo vedere e verificare i fatti». Mentre il ministro degli Esteri francese Alain Juppé ha ribadito che «tutto è pronto» per l'intervento militare. Finalizzato a creare una zona d'interdizione al volo e «a tutte le misure necessarie» - come recita la risoluzione franco-britannica approvata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con l'astensione di 5 paesi (Cina, Russia, Brasile, India e Germania, che ha rotto il fronte europeo) - per difendere e proteggere la popolazione.

La mossa di Gheddafi ha comunque evitato che già ieri scattasse l'operazione militare. Condotta da una coalizione alla quale hanno già deciso di partecipare, con aerei e navi, la Francia, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Qatar, il Canada, la Norvegia, la Danimarca e il Belgio. E l'Italia, che metterà a disposizione anche le sue, fornendo supporto logistico.
La decisione finale verrà presa oggi a Parigi nel corso di un vertice convocato dal presidente Nicolas Sarkozy, che ieri ha riunito un consiglio di guerra ed è stato il primo a proporre di usare la forza con Gheddafi, al quale parteciperanno l'Unione europea (con il presidente Herman Van Rompuy e il "ministro degli Esteri" Catherine Ashton), la Lega araba (con il presidente Amr Moussa), l'Unione africana (con il presidente Jean Ping), il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon, Hillary Clinton, il premier inglese David Cameron e quello canadese Stephen Harper, il cancelliere tedesco Angela Merkel (apertamente criticata dai francesi per l'astensione all'Onu) e il capo del governo italiano Silvio Berlusconi.
Spetterà a loro valutare l'annuncio di Gheddafi, fare il punto della situazione sul campo in Libia e stabilire se far decollare o meno i caccia della coalizione.

Uno dei punti critici da chiarire è l'eventuale coinvolgimento della Nato nell'intervento militare, ipotesi su cui l'Alleanza appare per il momento cauta e su cui i più critici sono proprio i francesi. «La nostra posizione - ha dichiarato ieri il portavoce del ministero degli Esteri di Parigi - è stata costante fin dall'inizio. Non pensiamo che sia un buon segnale che la Nato in quanto tale intervenga in un paese arabo».

Quanto alla Gran Bretagna, secondo promotore forte dell'intervento, "Mission Ellamy" è già cominciata. «I preparativi per il dispiegamento di Tornado e Typhoon è in corso»: il premier britannico David Cameron ieri ha evitato i dettagli, ma è stato netto nel definire ragioni e obiettivi di un'operazione militare che ha già un nome e di cui si sente l'iniziatore, insieme al presidente Sarkozy, sull'onda di una determinazione che ha vinto anche le residue incertezze americane. Cameron ha parlato ieri ai Comuni ottenendo l'immediato, informale (il voto sarà la prossima settimana ) via libera dei deputati. L'opposizione laburista s'è schierata con l'esecutivo. «Sosteniamo la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite - ha detto senza equivoci il leader del Labour Ed Milliband - e approviamo l'azione del governo». Nessuna polemica, nessun dubbio.

Londra marcia compatta verso un nuovo potenziale conflitto. E lo fa, ha ribadito Cameron nel pomeriggio, sulla scia di considerazioni umanitarie «ma anche nell'interesse nazionale del paese» perché la convivenza alle porte d'Europa con un regime come quello libico è una minaccia. «E in questo paese sappiamo bene di che cosa Gheddafi sia capace, non dimentichiamo il suo sostegno al più atroce atto terroristico mai consumato sul suolo britannico». Un riferimento alla strage di Lockerbie quando 270 persone morirono per l'esplosione di un volo PanAm diretto a New York.

Cameron è stato attento, nel corso dei numerosi interventi della giornata, a ribadire che l'operazione militare non ha come obiettivo primo ribaltare il governo di Tripoli, ma la tutela della popolazione civile. «Per poter agire entro i limiti di una risoluzione che esclude l'invasione via terra, ma consente qualsiasi mezzo per tutelare la catastrofe umanitaria si deve poter rispondere a tre interrogativi. C'è una necessità dimostrabile per intervenire? C'è sostegno da parte dei paesi dell'area? C'è una base legale?». Domande che per il premier inglese hanno una sola risposta. Un sì tanto forte e tanto chiaro da aver già avviato i motori dei caccia della Raf.

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