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Questo articolo è stato pubblicato il 22 marzo 2011 alle ore 16:15.

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a cura di Angela Manganaro
Il quarto giorno di bombardamenti autorizzati dalla risoluzione 1973 dell'Onu è segnato dalle discussioni tra gli alleati della coalizione internazionale sul futuro della missione Odissea all'Alba che mira alla protezione dei civili libici. Mentre si definiscono alcuni dettagli dell'operazione - oggi i 28 paesi dell'Alleanza atlantica hanno deciso di affidare alla propria flotta navale il compito di far rispettare alla Libia l'embargo sulle armi - in serata si raggiunge un accordo fra gli Stati Uniti che, in linea con Gran Bretegna e Italia, vogliono trasferire il comando delle operazioni alla Nato, e la Francia, che per tutto il giorno manda segnali contrastanti e si oppone a questa soluzione. A risolvere l'impasse una telefonata del presidente Obama al collega francese Sarkozy: i due si accordano su come usare le strutture Nato a sostegno alla coalizione.

Si chiude così una giornata complicata. A metà pomeriggio gli schieramenti si profilavano così: il presidente americano Obama, il premier britannico Cameron e il presidente italiano Giorgio Napolitano uniti nel dire che il comando dell'operazione deve passare alla Nato. La Francia a fare un gioco suo: prima sembra smorzare i toni, poi annuncia l'iniziativa di estendere le operazioni militari al di là dell'area di Bengasi da mercoledì. Poi il ministro degli Esteri Alain Juppé conferma che la posizione di Parigi è contro il comando Nato, alleanza in cui è tornata con un contingente militare nel 2009: nel pomeriggio, prima dell'accordo Obama-Sarkozy, Juppè lancia l'idea di un «coordinamento politico dell'operazione militare in Libia affidato a un comitato di ministri degli Esteri» e di un incontro nei prossimi giorni di questo comitato.

Quello che si prefigurava come uno stallo non riguardava solo i soliti litigiosi leader europei: è stato infatti determinato dall'ambivalenza della Francia, dalle proteste di alcuni membri della Lega araba e dall'ostilità di Cina e Russia che la settimana scorsa si sono astenute sulla risoluzione e oggi hanno chiesto un immediato cessate il fuoco. Il segretario alla Difesa americano Robert Gates ha rassicurato Mosca dicendo che «le operazioni significative dovrebbero diminuire nei prossimi giorni». Lo stesso ministro degli Esteri italiano Frattini ha già invocato «un'azione di mediazione politica», da avviare con un «cessate il fuoco monitorato dall'Onu».

Screzi pomeridiani fra Francia e Gran Bretagna
Nel pomeriggio ci sono stati contrasti tra Parigi e Londra su chi deve prendere il comando delle operazioni. Il primo ministro britannico David Cameron ha detto che la responsabilità del rispetto della no fly zone dovrebbe essere trasferita alla Nato. Il ministro degli Esteri francese Alain Juppé obietta: «La Lega araba non vuole che l'operazione sia interamente sotto l'egida Nato». Parole in linea con quanto detto in mattinata da un portavoce del ministero della Difesa francese secondo cui la missione «è efficace così» e non c'è bisogno di trasferire il comando alla Nato. La giornata della diplomazia francese è contrassegnata da segnali contrastanti.

Obama telefona a Erdogan
Gli Stati Uniti non si muovono solo con la telefonata serale di Obama a Sarkozy e le rassicurazioni del Pentagono alla Russia. In mattinata Obama telefona al premier turco Recep Tayyip Erdogan per «riaffermare il supporto alla completa implementazione» della risoluzione Onu che autorizza l'azione militare per proteggere tutti i civili libici. «I due leader concordano sul fatto che occorre un sforzo della comunità internazionale che includa gli stati arabi», si legge nel comunicato ufficiale. Stati che già domenica, con il segretario generale della Lega Araba Amr Moussa, avevano criticato i raid sottolineando che la missione doveva essere limitata alla no fly zone. Washington e Ankara non rinunciano però a una comune dichiarazione d'intenti, sempre utile in questi contesti: i bombardamenti - prosegue la nota - devono raggiungere la massima «efficacia».

Dal Moussa pre-elezioni alla diplomazia di Algeri: raid sproporzionati
Un'altra voce del mondo arabo si leva contro i raid della coalizione internazionale in Libia. Stavolta non si tratta del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, 74enne candidato alla guida dell'Egitto del dopo Mubarak e quindi sospettato di «prese di posizione pre-elettorali». Stavolta a parlare è il capo della diplomazia algerina, Mourad Medelci, che definisce «sproporzionati» i bombardamenti aerei della coalizione internazionale contro la Libia rispetto alla risoluzione dell'Onu e chiede «la cessazione immediata delle ostilità». Medelci accusa i paesi della coalizione di aver «aggravato la crisi», in una dichiarazione che legge in presenza del suo omologo russo, Sergei Lavrov.

La Libia attraversa una «crisi profonda» aggravatasi con l'entrata in azione delle forze aeree che noi riteniamo sproporzionata rispetto all'obiettivo assegnato dal Consiglio di sicurezza nella sua risoluzione 1973» dichiara Medelci. «L'Algeria coglie quest'occasione per chiedere ancora una volta la cessazione immediata delle ostilità e degli interventi stranieri al fine di risparmiare la vita dei nostri fratelli libici» aggiunge. Medelci ha infine sottolineato la necessità di permettere ai libici «di risolvere pacificamente e durevolmente la crisi, rispettando l'unità, l'integrità territoriale e la piena sovranità» del loro paese. Intanto il ministro degli esteri russo Lavrov sarà ricevuto dal presidente, Abdelaziz Bouteflika.

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