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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2011 alle ore 13:30.

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I ministri La Russa e Frattini alla Camera dei deputati (Ansa)I ministri La Russa e Frattini alla Camera dei deputati (Ansa)

La Camera ha approvato con 300 voti a favore, 293 contrari e 2 astenuti la risoluzione presentata da Pdl, Lega e responsabili sulla missione italiana in Libia che ricalca quella già licenziata ieri dal Senato. Solo sette voti di scarto dunque per il via libera al testo della maggioranza bocciato dall'opposizione. Che invece vede approvata con 547 sì, 10 no e 29 astenuti la sua risoluzione, in tutto e per tutto identica al testo votato venerdì scorso in commissione, su cui si registra anche l'adesione di Pdl e Lega. Bocciata invece la terza risoluzione presentata dai radicali. La ricerca di un accordo ampio sulla partecipazione italiana a "Odyssey Dawn", come aveva auspicato stamane il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, naufraga così miseramente.

Opposizioni presenta un testo unico. Fini: voto su mozioni in ordine di presentazione
Il copione di Montecitorio comincia sin dall'esordio della seduta a discostarsi da quello di Palazzo Madama. Perché qui, diversamente che nell'altro ramo del Parlamento, le opposizioni riescono a raggiungere un accordo e non si spaccano sul documento da presentare: che è poi lo stesso depositato ieri dai democratici al Senato, quello in sostanza approvato con voto bipartisan dalle commissioni venerdì scorso e sul quale si registra anche la convergenza di Terzo Polo e Idv. Gianfranco Fini decide dunque di ammettere la votazione sia il testo della maggioranza che quello del centro-sinistra. Una decisione, chiarisce dai banchi della presidenza, «che non fa precedente e viene assunta per un fraintendimento con il gruppo del Pd sul momento della presentazione dei testi e sull'ordine di votazione».

Il Pd vota no: la risoluzione della maggioranza è un pasticcio
Sembrerebbe il preludio di una strada tutta in discesa ma così non è. Perché la maggioranza deposita un testo che è praticamente identico (salvo una piccola modifica nella premessa) a quello su cui ieri sia i democratici che i rutelliani si erano astenuti al Senato e annuncia che voterà anche quello dell'opposizione, ma il Pd fa subito capire che invece non ripeterà il gesto dei senatori. Gli argomenti usati in aula dal capogruppo Dario Franceschini sono identici a quelli risuonati ieri a palazzo Madama con i democratici che attaccano l'esecutivo reo di essersi piegato ai paletti della Lega. «Il fatto politicamente rilevante è che le opposizioni hanno firmato un testo unitario: sono state ricomposte le distinzioni rispetto a ieri - sottolinea Franceschini -. È un atto di responsabilità tanto più significativo perché si tratta del testo non elaborato dalle opposizioni ma rispecchia le decisioni delle commissioni di venerdì scorso». La maggioranza, chiosa Franceschini, «è stata costretta dalla Lega a un pasticcio, con una risoluzione che mescola Libia e immigrazione».

Casini propone mediazione e attacca: basta tatticismi, premier ci metta la faccia
Pier Ferdinando Casini prova allora a vestire i panni della colomba e propone alla maggioranza di convergere tutti insieme sul testo approvato dalle commissioni. Ma, durante il suo intervento, il leader centrista non risparmia qualche stilettata al premier e ai suoi. «Oggi chiedere la presenza del presidente del consiglio potrebbe essere una cosa rituale e formale, ma non è così: nella storia dei Paesi chi guida mette la sua faccia nei momenti facili e in quelli difficili. Ieri al Senato e oggi alla Camera questo paese meritava la presenza del presidente del consiglio: non si può guidare il paese e far prevalere i tatticismi». Prove di dialogo che trovano una sponda anche nella Lega con il presidente dei deputati del Carroccio, Marco Reguzzoni, che prima difende le scelte dell'esecutivo e poi annuncia il sì alla risoluzione dell'opposizione anche se tante sono le criticità di quel testo «più generico del nostro, ma lo voteremo per dare un segno di unità al Paese in questo momento».

In aula scontro tra Di Pietro e Frattini. L'ex pm: il premier è un coniglio
In aula poi il clima si infervora quando a prendere la parola è Antonio Di Pietro che spara a zero contro il premier. «La sua assenza - tuona l'ex pm - dimostra che lui non è un presidente del Consiglio, ma un coniglio». Quanto basta per provocare la reazione stizzita del titolare degli Esteri, Franco Frattini, che abbandona l'emiciclo mentre Fini ha il suo bel da fare per riportare la calma. Ma Di Pietro non abbassa i toni. «Piaccia o non piaccia - prosegue - questa è un'azione di guerra. Chiamiamola pure azione di pace. Ma è fatta con armi e bombe. E il fatto che Berlusconi non senta il dovere di assumersi la responsabilità davanti al paese dimostra che è un coniglio». Ma il ministro, fuori dall'aula, preferisce «non commentare, perché direi una brutta parola e non uso dirle». La replica di Di Pietro arriva a stretto giro. «Incommentabile è l'atteggiamento del ministro Frattini».

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