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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 09:48.

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Il presidente francese Nicolas Sarkozy chiacchera con (da sinistra) il premier inglese David Cameron, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premiersloveno Borut Pahor (Ansa)Il presidente francese Nicolas Sarkozy chiacchera con (da sinistra) il premier inglese David Cameron, il cancelliere tedesco Angela Merkel e il premiersloveno Borut Pahor (Ansa)

di Dino Pesole
Il risanamento strutturale dei conti pubblici in direzione del pareggio di bilancio andrà se necessario accelerato dal 2012, per rendere ancor più sostenibile «il trend del debito». L'indicazione di percorso che emerge dall'intesa sulla nuova governance economica europea appone il timbro politico dei capi di Stato e di Governo alla linea tracciata dalla Commissione e dall'Ecofin: lo sforzo annuo dovrebbe essere «ben superiore allo 0,5% del Pil», soprattutto per quegli stati che versano «in una situazione di forte disavanzo strutturale o di livello del debito pubblico nolto alto o in rapida crescita». Con quale impatto sulle prossime decisioni di finanza pubblica del nostro paese? Quel che va profilandosi è una sorta di work in progress.

Il primo step è in arrivo entro il prossimo 10 aprile, in ossequio al nuovo timing previsto dal «semestre europeo», recepito dal disegno di legge di iniziativa parlamentare che la Camera si appresta ad approvare in via definitiva.

Entro tale data il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, presenterà in Parlamento e a Bruxelles l'aggiornamento del programma di stabilità e il piano nazionale di riforme. Il tutto all'interno della cornice programmatica definita dal nuovo «Def» (documento di economia e finanza), al suo debutto nella nuova scadenza anticipata ad aprile. A quel punto, scatterà il meccanismo di coordinamento ex ante: sugli orientamenti programmatici del nostro come degli altri paesi si esprimerà la Commissione, e successivamente il consiglio Ecofin. Le raccomandazioni diverranno a quel punto cogenti per le decisioni di bilancio che il governo adotterà con ogni probabilità nel mese di giugno.

Si apre ora, in poche parole, una fitta trattativa che servirà a stabilire, da qui al 2015 (anno in cui il nuovo patto di stabilità dispiegherà a pieno i suoi effetti), il peso specifico dei singoli «fattori rilevanti». La riduzione del debito pubblico (119% nel 2010), pari a un ventesimo annuo della differenza che ci separa dalla soglia limite del 60%, resta tra le indicazioni portanti della nuova governance, con la non trascurabile aggiunta che la valutazione avverrà caso per caso, senza automatismi per quel che riguarda le sanzioni, e tenendo conto di quelli che il commissario agli Affari economici Olli Rehn definisce «fattori mitiganti»: il risparmio privato, la composizione stessa del debito pubblico (in sostanza il timing di emissione dei titoli), la solidità del sistema bancario e l'impatto a regime delle riforme strutturali già poste in essere, a partire dalla previdenza. Tutti elementi che saranno al centro dei documenti in preparazione al ministero dell'Economia, e che lo stesso Tremonti è determinato a far valere quando si entrerà nel merito della discussione in sede europea.

Gli obiettivi programmatici del governo sono indicati nei più recenti documenti di bilancio: l'indebitamento netto dovrebbe attestarsi a fine 2011 al 3,9% del Pil, contro il 4,6% del 2010, per poi scendere al 2,7% nel 2012. Stime già incorporate nell'ultima manovra triennale, vale a dire nel decreto del luglio 2010 e nella successiva «legge di stabilità». Ora occorrerà verificare l'andamento tendenziale del deficit e compararlo con gli obiettivi programmati, a partire dalla stime di crescita per il prossimo triennio. Massima vigilanza, in ogni caso. La Commissione europea ha escluso finora l'eventualità di una manovra aggiuntiva nel 2011 per far fronte allo scarto tra la propria previsione di deficit e quella del governo italiano: 4,3% contro il 3,9 per cento. Sarebbe necessaria solo laddove si evidenziassero scostamenti o «forti discrepanze» rispetto agli obiettivi prefissati. Un'affermazione che richiama il passaggio del documento finale del consiglio europeo, laddove si ribadisce che le politiche di bilancio per il 2012 dovrebbero mirare a «ripristinare la fiducia assicurando la sostenibilità del trend del debito», garantendo al tempo stesso che i disavanzi siano rincondotti al di sotto del 3% «secondo la tempistica convenuta dal Consiglio».

Quanto alla partecipazione italiana al fondo salva-stati, l'intesa raggiunta ieri prevede che il contributo di 14,3 miliardi sia ripartito in cinque rate annuali da 2,8 miliardi, a partire dal 2013. Come nel caso del prestito alla Grecia, l'impatto è sul fabbisogno di cassa, aggregato che è in strettissima connessione con il debito.

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