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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2011 alle ore 08:13.

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Dover fare una battaglia per la linea fissa del telefono. Ma non chissà quando: appena cinque anni fa. E nel perimetro di un'Asi, che sta proprio per l'Area di sviluppo industriale. Un particolare aiuta a capire: è l'Asi di Acerra, che fa capo a quella di Napoli, commissariata dal 1995.

Stefania Brancaccio, imprenditrice, titolare della Coelmo, che produce gruppi elettronici dal 1946, lo racconta con la calma di chi affronta da tempo i mali del Sud. Non rassegnata ad andarsene nei Paesi dove esporta, dal Maghreb a Dubai o in Svizzera, «dove le aziende aprono in pochi giorni e le amministrazioni ti spianano la strada». L'azienda è leader a livello internazionale (fattura circa 30 milioni di euro, 70% l'export, i dipendenti diretti sono 50 che arrivano a 80 con l'indotto), e lei, Stefania, ha ricevuto il titolo di Cavaliere del lavoro. Per i prodotti innovativi e per il coraggio di fare impresa nel Sud.

La battaglia del telefono è andata avanti a lungo. Ora si può telefonare e sono stati allacciati i computer. La banda larga un sogno quasi proibito per chi non ha nell'area sportello bancario, posta o mezzi pubblici.

È naturale chiedere: perché Acerra? Dice Brancaccio, il progetto originario, all'inizio degli anni 2000, era di allargarsi nell'Asi di Marcianise, il primo polo produttivo della Coelmo, che ora si sta trasformando in sede legale, mentre tutta la produzione si va spostando ad Acerra. «C'era alle nostre spalle il terreno di un fallimento disponibile. Per anni domande e pratiche, poi abbiamo lasciato perdere. Oggi è nelle mani della giustizia, non è stato assegnato». La scelta è ricaduta su Acerra, non immaginando le complicazioni che sarebbero arrivate. Sempre ad Acerra la Coelmo costruisce un secondo stabilimento, che sarà pronto nel giro di otto mesi. «Noi siamo di Napoli, facciamo parte di quegli imprenditori che vanno avanti "nonostante tutto"».

C'è un'altra cosa che le fa rabbia: quande le dicono che le aziende devono investire di più in ricerca. Difficile farlo quando si lotta per l'essenziale. Spiega Brancaccio che la Coelmo produce ogni anno brevetti, ha certificazioni come la Ohsas che è la somma delle certificazioni di processo e di prodotto, più la Sa 8000, che è quella etica. Ora lavora a un progetto sull'idrogeno. «Per esperienza di altri colleghi, gli incentivi della Regione Campania non li abbiamo chiesti: i tempi sono biblici». Hanno presentato un piano al ministero della Ricerca quattro anni fa. «Abbiamo realizzato tutto, ma i controlli ministeriali non sono finiti».

Negli ultimi dieci anni l'azienda sarebbe potuta raddoppiare. «Non tanto in termini di fatturato, quanto come progetti, qualità della produzione e più possibilità di essere competitivi».

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