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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 08:13.

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Francesca Casadio: «Paghiamo la mancanza di aiuti all'arte»Francesca Casadio: «Paghiamo la mancanza di aiuti all'arte»

Le scarpe, elegantissime, le compra ancora a Torino perché gli Usa sono un sogno, ma il made in Italy di più. Francesca Casadio, 38 anni, si laurea in Chimica al Politecnico di Milano, poi arriva al Getty Museum con una borsa di studio. «Lì - ricorda - sperimetai il modello anglosassone in cui restauratore, storico dell'arte, fisico e chimico lavorano in sinergia continua». In Italia non è così, e la ricerca in campo artistico è utopia.

Nel 2003, quando all'Art Institute of Chicago, il secondo più grande museo americano per estensione, nasce il laboratorio scientifico grazie ai fondi della Andrew W. Mellon Foundation, viene chiamata a dirigerlo: «In queste settimane stiamo studiando le vernici usate da Picasso nel 1912: erano prodotti industriali che gli consentivano maggiore tridimensionalità e lucidità. La ricerca sui materiali serve per datare gli oggetti ma anche per capire il gusto estetico degli artisti».

Nella culla dell'arte, la vecchia, cara Europa, forse perché circordati ovunque dalla bellezza, c'è poca attenzione per il restauro e per quello che un esperto del settore può aggiungere alla storia dell'arte: «Per com'è concepito il lavoro negli Usa un chimico, un fisico sono quasi dei detective, aggiungono pagine ai libri di storia dell'arte». Senza dimenticare che le risorse destinate dalle fondazioni al settore lo rendono in fermento continuo: «In Italia le opportunità sono pochissime, manca quasi del tutto il supporto dei privati». La ricerca si arena e le opere d'arte restano nei magazzini dei musei: «Volete mettere - conclude Casadio - l'emozione intima di vedere lo sfolgorio di Picasso a un palmo?».

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