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Questo articolo è stato pubblicato il 29 marzo 2011 alle ore 08:26.
L'ultima modifica è del 29 marzo 2011 alle ore 06:39.

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Roberto Carlos Sosa, argentino, non avrebbe mai immaginato di tremare nella Sanremese, Lega Pro, seconda divisione, dove si è accasato per alcuni mesi dopo la parentesi in patria con il Gimnasia La Plata. El Pampa, come lo chiamavano i compagni quando da centravanti fra il 1998 e il 2008 giocò con le maglie di Udinese e Napoli, non aveva paura degli avversari ma di una pistola puntata al ginocchio pronta a sparare e porre fine alla sua carriera di calciatore. Il torto?

Secondo gli inquirenti, non voler rinunciare a un ingaggio diventato insostenibile per Riccardo e Marco Del Gratta, padre e figlio, direttore generale e presidente della squadra.
Per la Procura di Sanremo, ci sarebbero loro dietro le minacce al Pampa, messe in atto da alcuni calabresi in trasferta da Praia a Mare. Il 15 marzo sono stati arrestati. Gli accusati negano, ma per i pm di Sanremo Roberto Cavallone e Antonella Politi il metodo è «tipico della criminalità organizzata» e sarebbe stato utilizzato anche per cercare di risolvere altre questioni sanremesi, dove l'economia inquinata da capitali sporchi la fa da padrona.
Una brutta storia, l'ultima, giunta sei giorni dopo lo scioglimento per mafia del consiglio comunale di Bordighera e nella settimana in cui si rincorrono le voci sul municipio di Ventimiglia, al quale potrebbe toccare lo stesso destino: tutti a casa per infiltrazioni, ancora una volta, della 'ndrangheta.

Sanremo, Bordighera, Ventimiglia, la provincia d'Imperia nelle mani dei mafiosi che qui hanno spesso mano libera: dal tempo libero agli appalti, dal commercio al turismo, dalla finanza all'immobiliare, senza contare che, a due passi dalla Francia, cercano da sempre d'imporre la propria legge sui casinò a cavallo delle frontiere.
Una provincia in cui – quando la pax mafiosa viene interrotta – sembra di essere a Crotone: serrande che saltano e pallottole che fischiano come quelle che padre e figlio di origine calabrese avrebbero magari voluto scaricare contro due investigatori troppo solerti nelle indagini. Sono stati arrestati il 10 gennaio, ad attentato ormai pronto, ma sembra che, oltre a quei nomi, nel mirino ci fosse anche il capo della Procura di Sanremo, Cavallone, che da quando è si è trasferito due anni fa da Roma ha deciso di dare un taglio al cordone ombelicale tra malapolitica e criminalità, sodali nel riciclaggio dei capitali sporchi.

Una battaglia condotta anche grazie alle imprese. Non è un caso se, il 9 febbraio, Confindustria Imperia e Prefettura, primo caso al Nord, hanno stipulato un protocollo di legalità biennale per lottare insieme contro l'economia inquinata. «Chi sgarra è fuori», dice il presidente di Confindustria Liguria, Sandro Cepollina.

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