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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2011 alle ore 17:00.
L'ultima modifica è del 30 marzo 2011 alle ore 17:11.

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È finita con un pareggio, nove voti a favore e nove contrari, la votazione nell'ufficio di presidenza della Camera sul conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale per il caso Ruby. Sulla vicenda si esprimerà quindi l'aula di Montecitorio. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, non ha partecipato al voto. Assente alla votazione l'esponente dell'Mpa, Angelo Lombardo, che avrebbe portato a dieci i voti dell'opposizione. «Alla luce del voto che ha certificato l'impossibilità dell'ufficio di presidenza di portare un proprio parere in aula - è il commento di Fini al termine della votazione - è ancor più necessario che sia l'assemblea ad esprimersi». La conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha poi deciso che l'aula si esprimerà sulla questione martedì prossimo, 5 aprile, alle 15, il giorno prima del via al processo Ruby a Milano. La seduta, che sarà trasmessa in diretta televisiva, potrebbe però slittare se la Camera non riuscisse a oncludere l'esame del ddl sul processo breve.

L'indicazione di Fini: sul conflitto l'ultima parola all'aula di Montecitorio
Gia stamane il presidente della Camera aveva indicato la necessità di consentire all'aula di valutare il conflitto d'attribuzione nel caso Ruby dopo che ieri si era invece espressa la giunta per il regolamento senza però arrivare a un parere formale (la maggioranza dei membri si era detta però contraria alla richiesta avanzata dai capigruppo di Pdl, Lega e Responsabili). «Quali che siano le conclusioni cui perverrà l'ufficio di presidenza - aveva detto Fini in mattinata -, l'assemblea deve essere comunque chiamata a pronunciarsi sulla questione secondo le modalità procedurali che la prassi ha consolidato a riguardo».

Nell'ufficio di presidenza maggioranza sotto di un voto
Dunque il leader di Fli aveva confermato la linea emersa dalle indiscrezioni circolate già ieri sera passando poi la palla all'ufficio di presidenza dove la maggioranza politica è diversa da quella numerica. L'opposizione infatti può contare su 10 membri (11 se si considera anche Fini che, per prassi, non vota): 5 per il Pd (Bindi, De Biasi, Bocci, Albonetti e Lucà); 2 centristi (Buttiglione e Lusetti), un esponente dell'Mpa (Lombardo, oggi assente però), uno di Fli (La Morte) e una dipietrista (Mura). La maggioranza, invece, annovera al momento 9 voti: 7 Pdl (Leone, Lupi, Colucci, Mazzocchi, Fallica, Fontana, Milanato), un leghista (Stucchi) e un responsabile (la new entry Pisacane).

I tre precedenti citati da Fini
Aprendo la riunione di stamane Fini aveva quindi sottolineato che la vicenda sollevata dalla maggioranza «presenta aspetti speciali ed unici» e sottolineato che la discrepanza legata alla composizione dell'ufficio di presidenza «rappresenta un fatto di assoluta novità» rispetto ai tre precedenti in materia che aveva ricordato. Gli stessi già citati nel corso della riunione del 2 marzo: il caso Fagiano Sardelli del 2003 (l'ufficio di presidenza respinse la proposta di sottoporre alla Camera l'elevazione del conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria rispetto alla prerogativa della Camera di giudicare i titoli di ammissione dei deputati); il caso del consiglio regionale della Toscana datato 2008 (anche qui l'ufficio oppose un no a un possibile conflitto di attribuzione legato all'elezione di D'Elia, ex dirigente di Prima Linea ed ex terrorista, a segretario di presidenza della Camera); il caso Mancini del 2008 (sorto attorno a una richiesta di elevazione di conflitto avanzata dallo stesso deputato per una presunta violazione dell'articolo 68 della Costituzione in materia di intercettazione).

Lo stop dell'assemblea alla richiesta di perquisizione degli uffici del premier
Peraltro, aveva poi aggiunto Fini, in quei tre casi non erano state avanzate richieste di sottoporre la questione all'aula e i deputati di maggioranza erano comunque in numero superiore rispetto ai rappresentanti dell'opposizione. «Nella presente circostanza- aveva puntualizzato il leader di Fli - la decisione dell'ufficio di presidenza in merito all'elevazione o meno del conflitto, a causa della composizione dell'organo, può sottrarsi al criterio della maggioranza politica quale risulta dal complessivo assetto dei rapporti tra i gruppi». Fini aveva quindi ricordato che la richiesta avanzata da Pdl, Lega e Responsabili si collega «oggettivamente» alla deliberazione dell'aula del 3 febbraio scorso quando fu respinta la domanda di autorizzazione alla perquisizione degli uffici a milano del tesoriere di fiducia del premier Silvio Berlusconi, Giuseppe Spinelli, rispetto alla quale, aveva detto ancora Fini, «è prospettata come strumento per assicurare, in sede di contenzioso costituzionale, una tutela affettiva alla volontà precedentemente manifestata dall'assemblea». Nei precedenti casi menzionati, invece, non si riscontrava il collegamento con una decisione assunta dall'assemblea sulla stessa materia. (Ce. Do.)

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