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Questo articolo è stato pubblicato il 31 marzo 2011 alle ore 15:20.

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Ignazio La Russa e Denis Verdini (Ansa)Ignazio La Russa e Denis Verdini (Ansa)

Per capire quanto poco sia piaciuta a Silvio Berlusconi l'ultima alzata di testa del ministro Ignazio La Russa, basterebbe la battuta consegnata dal premier stamane al congresso dei Cristiano popolari. «Abbiamo il dovere di rispettare l'imperativo categorico della compattezza. Vogliamo realizzare per intero il nostro programma». Vero è, però, che la missione è tutt'altro che semplice perché dentro il Pdl si è riaccesa la guerra delle correnti. Tutte aizzate ora contro l'ex colonnello di An. Così sia i seguaci di Claudio Scajola che i ministri riuniti sotto il cappello di "Liberamente" (Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna, Stefania Prestigiacomo ) hanno imbracciato i fucili contro La Russa e contro le invettive indirizzate ieri in aula a Gianfranco Fini.

Scajola scatenato contro La Russa e Verdini
Il più scatenato però è l'ex ministro dello Sviluppo che ieri ha affrontato a muso duro il collega in Transatlantico e anche stamane ha riunito i suoi inferociti contro il coordinatore del Pdl. Nessuno parla pubblicamente, ma la rabbia è ancora palpabile. «Quello che ci ha rimesso di più è il presidente del Consiglio - racconta uno dei fedelissimi di Scajola -. Noi abbiamo posto un problema di equilibri tra le due componenti e nessuno ci ha ancora risposto». La verità, insomma, è che la sfuriata di La Russa contro Fini ha dato di nuovo la stura all'insofferenza di Scajola che chiede visibilità nel partito o nel governo. «Claudio - ragiona un ex An che conosce a menadito i rapporti interni tra le correnti - ha usato quel pretesto per aprire la polemica, ma il suo obiettivo non è solo La Russa, ma anche Denis Verdini che nel Pdl gli ha soffiato poltrona e simpatie del Cavaliere».

A rischio la tenuta della maggioranza alla Camera
Non a caso l'ex ministro è tornato ad agitare il fantasma dei gruppi autonomi in Parlamento, ma nel Pdl sono convinti che la minaccia non si tradurrà in fatti. «Scajola - ammette uno deli uomini più vicini al Cavaliere - non farà mai la scissione, ma certo potrebbe lanciare dei segnali in aula magari facendo mancare i suoi su alcune votazioni». Dietro l'angolo c'è la possibile fiducia sul processo breve, ma anche il voto sul conflitto d'attribuzione, e il premier non può permettersi errori. Il partito è una ormai polveriera e già ieri con la raccolta di firme per chiedere le dimissioni di La Russa, avviata da Maria Teresa Armosino e poi stoppata da Scajola, cui l'ex sottosegretario è molto legato (il suo nome compare tra i membri della fondazione Cristoforo Colombo voluta dall'ex ministro), si è rischiato un pericoloso terremoto nel Pdl.

Dentro Liberamente rispunta la tentazione del coordinatore unico
Tanto più che contro la Russa si è scatenata anche la corrente di "Liberamente" riunitasi ieri sera in tutta fretta per affrontare la situazione. Chi vi ha preso parte racconta, sotto promessa di anonimato, «di un confronto molto acceso» durante il quale qualcuno avrebbe addirittura proposto di assentarsi oggi alla Camera, alla ripresa dell'esame del ddl sul processo breve, per lanciare un segnale al Cavaliere. L'idea è poi rientrata, ma l'insofferenza contro gli ex An «che hanno occupato molte caselle importanti dentro il partito e sul territorio» è ai livelli di guardia. Anche se, poi, scavando un po', si scopre che pure dentro "Liberamente" cova un grande malcontento verso l'altro coordinatore Verdini. «La verità - ragiona un berlusconiano doc - è che da quelle parti si continua ad accarezzare l'idea di un coordinatore unico del Pdl, un Alfano o una Gelmini per intenderci, e l'uscita di La Russa offre l'occasione di ritirare fuori quella battaglia: colpire lui può servire ad abbattere anche Verdini, visto che Bondi è considerato fuori gioco».

Augello: il partito va rinnovato e reso più agile
Ma non sfugge ai più il pericolo insito in questi "incidenti". Lo dice con estrema puntualità Beatrice Lorenzin, che conosce bene il Pdl e il suo territorio. «Ci sono tanti provvedimenti in attesa, bisogna avere sangue freddo. Il problema non sono tanto i pesi e i contrappesi dentro il Pdl, ma la strategia complessiva». Tradotto: l'uscita di La Russa rischia di appannare l'immagine del governo del fare. Ma il premier dovrà presto sbrogliare la matassa, come suggerisce il navigato senatore Andrea Augello. «È una questione che si deve affrontare ripensando alla crisi del bipolarismo nato dal 2008 scrivendo una nuova legge elettorale, rendendo più agile, vivo e democratico il partito, introducendo per legge le primarie per l`elezione del premier. Soprattutto lavorando alla costruzione di un partito che somigli a una federazione dei movimenti del centrodestra e non a un monolite terribilmente rigido e impacciato».

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